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Chiudere l'Ilva di Taranto costerebbe 8 miliardi di euro. Lo ha detto il ministro dello Sviluppo economico Corrado Passera in audizione al Senato. "Complessivamente - ha spiegato - determinerebbe un impatto negativo che è stato valutato attorno ad oltre 8 miliardi di euro annui imputabile per circa 6 miliardi alla crescita delle importazioni, per 1,2 al sostegno al reddito ed ai minori introiti per l'amministrazione pubblica e per circa 500 milioni in termini di minore capacità di spesa per il territorio direttamente interessato".
"Credo che oggi - ha aggiunto - si possano creare le condizioni per garantire il mantenimento dell'impianto nei limiti di sicurezza nazionali ed europei senza metterne a rischio la sopravvivenza con decisioni che ne comporterebbero nei fatti la chiusura definitiva e irrimediabile". Su queste posizioni già negli scorsi giorni, il governo "ha registrato un consenso molto ampio, direi quasi un fronte unitario. Proprio per questo, penso che ci siano tutte le prerogative affinché questa grave crisi dell'Ilva, se gestita con senso di responsabilità, possa diventare un'opportunità di sviluppo per Taranto".
A Palazzo Madama ha parlato anche il suo collega di governo Corrado Clini, responsabile per l'Ambiente: "È chiaro - ha detto - che l'identificazione delle nuove misure e delle tecnologie da adottare" previste per l'Ilva dalla nuova Autorizzazione integrata ambientale "richiederà investimenti aggiuntivi da parte dell'impresa, che dovrà fare investimenti in anticipo rispetto agli altri gruppi siderurgici europei per adeguarsi alle nuove e migliori tecnologie".
Clini ha ricordato che "l'Aia, che sarà conclusa entro il 30 settembre, identificherà le misure che dovranno essere adottate dall'impresa che l'impresa sarà impegnata ad adottare con proprie iniziative e propri investimenti. L'approccio seguito a livello europeo, e che noi stiamo applicando in maniera rigorosa, è finalizzato a migliorare l'ambiente e le attività industriali, migliorando la competitività".