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I cancelli dell'Ilva di Taranto lunedì mattina, 30 luglio, si sono riaperti normalmente, e hanno accolto i dipendenti del primo turno. Lo stesso è accaduto poi con i lavoratori dei turni successivi. Sembrerebbe una giornata qualsiasi nella fabbrica d'acciaio più grande d'Europa, eppure la calma è solo apparente. Perché il sequestro preventivo per disastro ambientale di sei impianti dell'area a caldo e l'arresto di otto tra dirigenti ed ex dirigenti aleggiano ancora nell'aria di Taranto, e come potrebbe essere altirmenti. E poi dentro lo stabilimento sono già a lavoro anche i tecnici che studiano come spegnere le fornaci.
Le persone designate dal gip Patrizia Todisco col compito di controllare e sovrintendere alle misure relative allo spegnimento degli impianti dell'area a caldo del siderurgico, sottoposti a sequestro giovedì scorso, sono infatti già al lavoro. Si tratta di Barbara Valenzano dell'Arpa di Bari, Emanuele Laterza, dell'Arpa di Bari, Claudio Lofrumento, del Dipartimento di prevenzione di Bari, e di Mario Tagarelli, presidente dell'Ordine dei commercialisti di Taranto, e incaricato dagli aspetti amministrativi e della gestione del personale.
Agli esperti, si legge nell'ordinanza del gip depositata mercoledì sera e notificata alle parti solo giovedì, sono delegate le procedure tecniche per il blocco delle specifiche lavorazioni e lo spegnimento degli impianti sovrintendendo alle operazioni e assicurando il rispetto delle regole e delle prescrizioni a tutela dell'incolumità pubblica e della sicurezza. Il fatto che il pool tecnico sia oggi in Ilva, però, non vuol dire che siano imminenti le operazioni di fermata degli impianti perché come hanno più volte ribadito i magistrati della procura "il sequestro per ora è stato solo notificato ma non eseguito".
Il 3 agosto, in ogni caso, il Tribunale del riesame si pronuncerà sul ricorso degli avvocati sia sulla revoca dei domiciliari nei confronti degli otto imputati, fra vertici societari e aziendali, sia sul dissequestro degli impianti.
Si vivono dunque ore di preoccupazione, anche se oggi non sono previste né manifestazioni, né proteste. Nello stabilimento si si sta lavorando, mentre i sindacati preparano la manifestazione del 2 agosto in città alla quale, secondo indiscrezioni - ma si attende ancora una conferma -, potrebbero partecipare anche i leader sindacali Camusso, Bonanni e Angeletti. Stamattina a Taranto, poi, anche il Consiglio comunale si occupa del caso ed è in corso un'assemblea di Confindustria aperta ai rappresentanti delle forze politiche e delle istituzioni.
Le polemiche, però, non tendono a placarsi. Il Codacons, che sarà presente all'udienza del riesame del 3 agosto in quanto parte offesa come associazione ambientalista nazionale, ha annunciato l'intenzione di denunciare i ministri dell'Ambiente e della Salute che si sono succeduti negli anni alla luce di presunti reati di omissione di atti dovuti e concorso in inquinamento e disastro ambientale.
Per l'associazione inoltre "la fabbrica non deve chiudere durante la bonifica: ciò è previsto dall'art. 104 bis disp. art. c.p.p., inserito nel codice di rito dall'art. 2, comma 9, lett. b), legge 15 luglio 2009, n. 94, in forza del quale 'nel caso in cui il sequestro preventivo abbia per oggetto aziende, società ovvero beni di cui sia necessario assicurare l'amministrazione (...) l'autorità giudiziaria nomina un amministratore giudiziario (...)' nulla osta al fatto che l'attività produttiva continui anche in pendenza di un provvedimento di sequestro preventivo che abbia ad oggetto beni per i quali si ponga un'esigenza di utile gestione". Principio, ricorda l'associazione, "confermato di recente dalla sentenza della Cassazione penale N. 35801 del 2010 proprio per la chiusura di una fabbrica di Taranto".
La vicenda, comunque, continua ad essere sulla bocca di tutti. Ieri addirittura il papa se ne è occupato. Benedetto XVI durante l'Angelus ha ricordato le “sofferenze e le ansie dei lavoratori dell'Ilva e dell'intera comunità tarantina".