"Leggiamo un profluvio di dichiarazioni da parte del ministro Calenda sulle diverse vicende industriali che giacciono sul suo tavolo da mesi e da anni, e che non hanno ancora trovato una loro definitiva soluzione. Parliamo di Ilva, delle acciaierie di Piombino e della ex Alcoa. Partiamo da Ilva e facciamo chiarezza: servono meno tweet e più trattativa". È quanto dichiara il segretario confederale della Cgil Maurizio Landini.
"È da mesi - sostiene Landini - che il sindacato, unitariamente, ha chiesto modifiche sostanziali al piano di acquisizione di Arcelor Mittal, innanzitutto sul tema dell'occupazione, del trattamento economico dei lavoratori e sugli aspetti altrettanto importanti dell'ambiente e della salute. In realtà Calenda ha fatto finta di ascoltare. Ha invece in modo determinato difeso il contratto siglato da più mesi con la multinazionale e tenuto all'oscuro del sindacato, contratto che prevede di escludere dal futuro produttivo dell'Ilva 4000 lavoratori e di non garantire a quelli che rimarranno tutta l'attuale retribuzione per la durata del piano". "Sul risanamento ambientale, tra le altre cose - aggiunge - abbiamo chiesto il riconoscimento del danno sanitario, non ottenendo alcuna risposta".
Per il dirigente sindacale "buttarla in politica è il classico modo per allontanare le proprie responsabilità. Calenda deve invece spiegare perché non si è mai svolta una vera trattativa e quali sono le ragioni che hanno impedito di far conoscere al sindacato i termini reali della cessione dell'Ilva a Mittal. Alla Fiom e alla Cgil, fino all'ultimo incontro di giovedì scorso, è sempre interessato il merito delle soluzioni. Non abbiamo mai posto problemi rispetto alla legittimità di chi stava al tavolo del confronto - sottolinea - neppure dopo l'esito elettorale e nelle ore frenetiche della formazione del nuovo Governo. Giovedì ad alzarsi dal tavolo è stato Calenda. E si è alzato dopo aver ascoltato le posizioni critiche di tutte le organizzazioni sindacali sul testo che ci ha consegnato".
"Noi - prosegue Landini - eravamo lì per trattare. Calenda invece per mettere il sindacato di fronte al 'prendere o lasciare'. Siamo i primi a conoscere le condizioni in cui versa l'Ilva, ma queste non possono giustificare il sacrificio dell'occupazione, del salario e della salute per garantire gli interessi di una multinazionale, prima ancora degli interessi dell'Italia, della sua economia e del suo lavoro".
Infine il segretario confederale della Cgil ricorda che "i tavoli ex Alcoa e Piombino sono aperti da anni" e che "se non fosse stato per la determinazione dei lavoratori e per la loro straordinaria tenuta, forse oggi parleremmo di fabbriche chiuse definitivamente". "Attendiamo quindi - conclude - che si metta una parola fine su queste vicende e che i lavoratori di queste aziende ritrovino fiducia e lavoro. I tavoli di trattativa servono a questo. I tweet fanno solo perdere tempo".