Il referendum di Mirafiori, prima e dopo il voto, ha costretto e costringerà un Paese e una politica distratti dai “capricci senili” del sultano a prendere atto che gli operai esistono ancora, con la loro rabbia e il loro orgoglio; prima a Pomigliano - sperando che l’eccezione non diventasse regola - ora a Mirafiori sono stati lasciati soli in una decisione più grande di loro e hanno risposto con una maturità, una consapevolezza, un senso di responsabilità sconosciuti (purtroppo) a molti dei politici (e anche dei sindacalisti) che in queste settimane hanno “spiegato” loro cosa dovevano fare.

Da cittadino e da lavoratore li ringrazio (anche gli impiegati, anche gli operai che hanno votato si) perché hanno dato una lezione di dignità a tutti, difendendo il diritto al lavoro senza negare la loro integrità fisica, la difesa del loro corpo e della loro salute, dicendo chiaramente che dignità e sicurezza non sono “beni” monetizzabili perché sono persone, non robot, perché tutto non può essere oggetto di baratto e anche nei luoghi di lavoro ci sono dei limiti che non vanno sacrificati sull’altare della globalizzazione; ora spero che Governo, azienda e partiti siano all’altezza dell’impegno che hanno davanti e che il Paese non si dimentichi delle “tute blu”; il rischio esiste perché ora le telecamere si spegneranno e gli operai andranno per un altro anno in cassa integrazione. In questi 12 mesi la Fiat andrà incalzata perché le promesse diventino realtà, me lo aspetto intanto dai sindacati che hanno firmato l’accordo il 23 dicembre 2010 e che nei confronti dei 5500 dipendenti di Mirafiori hanno preso con quella firma un impegno preciso, me lo aspetto dal Governo che non è stato imparziale mentre ora dovrà scoprire il suo ruolo di arbitro richiamando le parti alle proprie responsabilità, me lo aspetto dai politici che si sono schierati con Marchionne, dal leghista Cota come governatore del Piemonte e in particolare dal sindaco di Torino attuale, Chiamparino, e da Fassino se lo diventerà.

Con il loro voto queste persone chiedono alla politica e al centrosinistra in particolare di dare al Paese un progetto alternativo al peronismo di Berlusconi con un percorso chiaro, con tempi certi e soprattutto praticabile; come cittadino ed elettore credo che a questo punto per il l’arcipelago del centrosinistra non sia più possibile esimersi dal rispondere a questa domanda di democrazia e futuro, l’alternativa è “regalare” definitivamente il voto della “classe operaia” al qualunquismo, al populismo e/o all’assenteismo.

Claudio Gandolfi, Bologna