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Il tribunale di Perugia ha condannato il ministero dell’Interno alla restituzione di 180 euro più gli interessi a due cittadini stranieri residenti a Perugia che avevano fatto ricorso, attraverso l’Inca Cgil, contro la tassa sul permesso di soggiorno. La sentenza, la prima di questo genere in Umbria, è conseguenza delle pronunce della Corte di Giustizia europea che nel 2015, intervenendo sul contenzioso legale promosso da Inca e Cgil nazionali contro il decreto governativo istitutivo della tassa, aveva sancito l’illegittimità di un tributo considerato sproporzionato e ingiusto.
Cgil e Inca: il governo tassa gli stranieri regolari
“Si tratta di due cittadini albanesi che vivono in Italia da anni insieme ai loro figli nati nella nostra città - spiega Alessia Giuliacci, dell’Inca di Perugia - che nel 2013 avevano ottenuto un permesso di soggiorno (lui per lavoro, lei per motivi familiari) di 2 anni, pagando 100 euro a testa più le spese postali, per poi trovarsi nel 2015 a chiedere un rinnovo di un anno, pagandone altri 80 a testa. Cifre evidentemente sproporzionate - spiega Giuliacci - che ora verranno giustamente restituite ai ricorrenti”. Intanto, però, il governo è corso ai ripari e con un decreto entrato in vigore il 9 giugno 2017 ha rimodulato la tassa, dimezzandone l’importo. “Ma questo - spiega ancora Giuliacci - avendo effetto retroattivo per tutto il periodo in cui la tassa non è stata pagata, in seguito alle varie sentenze pronunciate, comporta ora l’obbligo per tutti coloro che hanno fatto domanda per il rinnovo e sono in attesa di ritirare il permesso di pagare l’importo, seppure ridotto”. “Aver ridotto la tassa è comunque un risultato positivo raggiunto grazie all’impegno di Inca e Cgil - conclude Giuliacci - ma questo non toglie che il governo reintroducendo una tassa comunque ancora alta continua a colpire persone che vivono e lavorano regolarmente nel nostro paese e che già pagano le tasse come tutti gli altri cittadini”.