PHOTO
La Cina è destinata a diventare la prima potenza industriale del mondo nel giro di qualche anno (dai 5 ai 7), sfrattando gli Stati Uniti da una vetta che occupano da molto tempo. E l'uscita dalla crisi mondiale dipende molto dal futuro del gigante orientale. L'ultimo Rapporto Ocse, ripreso dall’agenzia di stampa TMnews, non dà adito a molti dubbi su quale siano le prospettive che ci aspettano da qui a poco.
L’organizzazione di Parigi, in realtà, nel suo rapporto non fa altro che confermare quello che molti studi ed esperti di economia mondiale avevano già preannunciato a più riprese. La Cina, forte degli ingenti stimoli governativi, galoppa, ma per tenere il passo deve comunque continuare su questa strada, ossia non ridurre la spesa pubblica ma continuare a fornire le risorse necessarie per le varie riforme sociali nell’educazione, pensioni, welfare e sanità. In base a queste previsioni la mole dell'economia cinese supererà quella dell'area euro già nel 2012 e "qualche anno" dopo anche gli Stati Uniti.
Eppure anche la Cina, in un avvenire un po' più lontano si vedrà minacciato da altre economie emergenti. Perché se fino al 2020 avrà i tassi di crescita economica più elevati al mondo, secondo l'Ocse verrà successivamente superata sia dall'India che dall'Indonesia.
Nei prossimi 50 anni, infatti, la crescita media annua mondiale sarà del 3 per cento, ma con marcate differenze tra paesi avanzati e nuovi pesi massimi dell'economia mondiale, che segneranno espansioni molto più vigorose. Nelle previsioni di lungo periodo, dal 2011 al 2060, i rapporti di forza tra dimensioni economiche "cambieranno radicalmente", afferma l'Ocse, citata da TMnews. E il caso più eclatante è che "la mole combinata di Cina e India supererà presto (nel 2025) quella del G7 e supererà l'intera area Ocse per il 2060".
Si tratta, in realtà, di stime effettuate a parità di potere di acquisto. Ma le cifre restano comunque clamorose. Sul prossimo mezzo secolo l'Ente parigino stima una crescita media annua globale del 3 per cento, ma con livelli di espansione in rallentamento in molti paesi, specialmente avanzati, dopo la ripresa che seguirà l'attuale fase di debolezza.
Questi rallentamenti verranno bilanciati dalle esuberanti crescite dei paesi emergenti, che intanto assumeranno un peso maggiore nella composizione del pil globale. Tanto che dal 17 per cento che la Cina ha come quota di pil globale nel 2011, salirà al 28 per cento nel 2060, laddove all'opposto l'area euro passerà dal medesimo 17 per cento al 9 per cento. L'India dal 7 per cento al 18 per cento, mentre gli Usa dal 23 per cento al 16 per cento.
Pechino sembra aver già ricevuto il messaggio. Il premier uscente cinese Wen Jiabao, nel suo intervento al Congresso del Partito comunista che si è aperto ieri, ha prospettato per il suo paese una strada non dissimile da quella tracciata dall'Ocse. Jiabao ha chiesto che nei prossimi anni vengano portate avanti "simultaneamente" riforme economiche e politiche. "La Cina -ha dichiarato secondo l'agenzia ufficiale Xinhua - deve continuare a crescere in modo costante e relativamente veloce e portare avanti le riforme e la ristrutturazione dell'economia per evitare uno sviluppo instabile, disequilibrato, non coordinato e non sostenibile".
"Simultaneamente - ha precisato- devono essere portate avanti riforme strutturali politiche per aumentare la democrazia, proteggere la giustizia sociale e l'equità, proteggere la libertà e gli uguali diritti delle persone, e consentire l'espressione della creatività e dello spirito di iniziativa di ognuno". Xi Jinping, il nuovo segretario del partito che verrà eletto a giorni, avrà dunque da gestire un'eredità piuttosto pesante. Non c'è soltanto la battaglia alla corruzione da affrontare, ma anche una serie di riforme da cui dipende il futuro dell'economia mondiale. La Cina è sempre più vicina.