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L’immagine di sindaco che Franco Brugnola mette al centro del libro che voglio segnalare in questo nota è quella di “garante dei cittadini”. Un primo cittadino che individua il senso della sua missione mettendosi dalla parte di chi è governato e si preoccupa prima di ogni altra cosa che la voce, il punto di vista, i bisogni (non solo materiali) di questo trovino espressione all’interno dell’amministrazione comunale.
Non il (presunto) decisore assoluto che le leggi degli ultimi venti anni hanno costruito dalle ceneri della vecchia legislazione basata sulla centralità (spesso inoperosa, è vero) dei consigli comunali, ma una sorta di difensore civico che garantisce che il baricentro del potere effettivo della decisione che la legge gli attribuisce sia in realtà dislocato, spostato al livello dei cittadini, che in questo modo lo temperano e ne legittimano, verificandolo costantemente, la rappresentatività.
“Il sindaco di tutti” si intitola, infatti, il manuale che Brugnola (fino a pochi anni fa appassionato ed efficiente direttore generale di Aziende sanitarie locali ed enti territoriali) ha recentemente pubblicato per le edizioni de ilmiolibro.it (253 pagine fitte di informazioni e suggestioni, senza contare l’utilissima appendice sulla redazione degli atti amministrativi, dalle delibere alle relazioni di fine mandato). Un’espressione che, come viene sottolineato fin nelle prime pagine del volume, è un luogo comune, un modo di dire gonfio di retorica a cui tutti gli eletti ricorrono, con robuste dosi di ipocrisia anche dopo asperrime campagne elettorali che hanno prodotto contrapposizioni e velenose polemiche, ma che può anche trasformarsi in qualcosa di più veritiero e autentico.
Un piccolo prodigio che accade con un semplice spostamento di ottica, con un allineamento del proprio punto di vista su quello degli altri, seguendo un processo di immedesimazione empatica (come ha sintetizzato con immagine suggestiva il Barack Obama citato nel libro) che va nel verso opposto dell’identificazione quasi magica con il leader (tanto cara agli uomini del marketing) e trova la sua logica, il suo modo d’attuarsi, nelle faticose procedure della democrazia.
Non è un caso, dunque, che questo manuale di buona amministrazione, questa guida pratica per una leadership che esprima non l’altezzosa solitudine del capo, ma la confidente, amichevole rappresentanza di una comunità, facendo dello spostamento del punto di osservazione il metodo con cui affrontare i tornanti del proprio mandato, dedichi molte pagine, e le più convincenti, a temi apparentemente di contorno rispetto alle sempre più ardue e controverse (tecnicamente e socialmente) questioni di fiscalità locale: “issues” quali la rendicontazione sociale, il controllo delle performance, le metodologie di valutazione, il bilancio partecipato, i doveri di informazione, l’e-democracy, tutti gli strumenti, cioè, capaci di rivelare il senso dell’azione amministrativa e di facilitare così il motivato e ragionato giudizio della “città competente” e la sua strutturata partecipazione ai processi decisionali.
In questa scelta dell’autore c’è anche una netta presa di posizione politica che reca con sé lo stampo del più classico riformismo municipale: l’intenzione di porre in evidenza tutti i canali, già presenti e a disposizione nell’architettura istituzionale di un ente locale, da attivare per riequilibrare lo scivolamento autoritario e tecnicistico che i Comuni stanno subendo in questa avventurata stagione della nostra storia civile.
Altri manuali sono stati scritti sui compiti del sindaco, sulle procedure amministrative, sulla redazione corretta degli atti, sui processi di accountability per poter affermare che il libro di Brugnola riempia un vuoto della letteratura sull’argomento. Quello che, però, questo manuale ha in più degli altri è la franchezza nell’affrontare aspetti che incidono nella vita amministrativa e nel comportamento di sindaci e amministratori, ma che di solito vengono occultati, quasi che il trattarli possa essere inteso come uno sgarbo, una caduta di stile, un’offesa al galateo. Nelle pagine, per esempio, in cui si mette in guardia sul peso che giuocano le recriminazioni, i rancori, le polemiche di una campagna elettorale, facili a tradursi in trappole che gli sconfitti cercano di far scattare a danno dei vincitori, sfruttando qualche loro leggerezza dettata dall’eccessivo entusiasmo o dall’ancora scarsa conoscenze delle corrucciate regole amministrative.
O le pagine che avvertono sui rischi dell’ostilità di dirigenti e impiegati della macchina amministrativa, che detengono l’incontrollato e invisibile potere (almeno agli occhi dei cittadini) di far naufragare i più nobili progetti politici, magari per qualche richiesta contrattuale non soddisfatta o per qualche ruggine organizzativa non risolta. In queste parti del libro si sente tutta la saggia esperienza dell’autore, che, nell’intensa carriera che lo ha visto, come abbiamo detto, manager della sanità pubblica (la cui organizzazione studiò nei paesi più avanzati in Europa e in America negli anni della riforma della sanità italiana) e dirigente generale di diverse amministrazioni pubbliche, tante ne ha passate e affrontate, uscendone sempre grazie alla qualità del suo mestiere, ma anche con una sapiente prudenza umana, non solo professionale, capace di attuare con mitezza persino le decisioni più dure.
Un’accortezza che si esprime già nel paradigma del sottotitolo, che recita “come gestire il Comune per un risultato durevole”. In controtendenza dunque rispetto all’uso di oggi, che chiede all’azione pubblica di abbagliare per un attimo, per poi spegnersi senza lasciare né risultati, né ricordi. Una rivendicazione anche questa del punto di vista del cittadino.