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“Vi voglio bene davvero, al lavoro e alla lotta”: sono le parole con le quali Susanna Camusso ha concluso il suo saluto alla Cgil. Un saluto denso di emozione e caratterizzato da forte richiamo al “noi” in contrapposizione agli egoismi che attraversano la società e dai quali anche la Cgil deve difendersi.
“Vorrei parlare – ha detto Camusso - della fine della speranza nel nostro popolo, del dilagare del precariato, del lavoro sommerso, della disoccupazione. Del disagio sociale che ha determinato le diseguaglianze”. “Abbiamo fatto tante cose durante la crisi - ha detto ancora -. Ma spesso parlare della nostra piattaforma non ci fa parlare di cosa vuol dire davvero avere davanti agli occhi la rottura sociale. Ora che ho chiuso il mio mandato, ho la possibilità e la libertà di affrontare questa discussione. E analizzare la rottura che c’è stata tra il voler rappresentare la classe lavoratrice e avere la possibilità di influenzare la politica.”
L’incertezza per Camusso è oggi la condizione che caratterizza la vita di troppi: “Viviamo un’era di incertezza, non solo perché tutto continua a cambiare, ma perché siamo di fronte a un’epoca in cui crescono le paure”. Ma il passato non c’è più. “Bisogna invece ricostruire un orizzonte, una speranza. E questa speranza non può esser colpevolizzata”. E’ infatti in questa temperie che “l’anti-politica e l’anti-istituzionalismo hanno preso corpo”.
E’ una “rottura sentimentale” che ha portato alla “scomparsa della funzione pedagogica della politica” e che “mette in questione ognuno di noi”. “Più volte – ha continuato - abbiamo discusso per non farci travolgere dalla nostalgia, bisogna invece trovare soluzioni nuove e nuove risposte per il futuro”. Per questo la Carta dei diritti universali ha dato passione al lavoratori, “perché parla di futuro”. “Quando i nostri delegati interpretavano la Carta stavano ricomponendo il presente e il futuro. Perché capivano che potevano usare la contrattazione per cambiare la loro condizione”.
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La Cgil deve quindi continuare su questa strada: “I processi non sono solo fuori di noi, non viviamo in una campana di vetro”. E’ faticoso, ma è necessario “tenere insieme la nostra tradizione con la lettura del processo. Il nostro rinnovamento deve guardare a qualcosa che va anche oltre le nostre regole”. “Dobbiamo interrogarci - ha detto ancora - sulla qualità della nostra dialettica, fondata sulla lettura di ciò che dobbiamo fare, non da dove viene un opinione”. Questo è anche “lo straordinario risultato” del congresso della Cgil: “La promessa che l’organizzazione può essere un sogno di appartenenza per il nostro popolo”.
Altro passaggio centrale del suo saluto Camusso lo ha voluto dedicare alle donne dell'organizzazione, quelle che “devono sempre dimostrare qualcosa in più”. “Abbiamo fatto molta strada in Cgil, ma tanta è ancora da fare – ha proseguito Camusso - perché il futuro è femmina, non si può sperperare ancora".
Camusso si è poi rivolta al suo successore, Maurizio Landini: “La tua elezione è per me una grande gioia – ha detto - Abbiamo parlato molto in questi mesi. Sai bene che ricordo ancora molto lucidamente quando una definitiva lacerazione sembrava possibile. Ma poi abbiamo ricostruito un senso di appartenenza comune e ne sono orgogliosa. Siamo parte di una straordinaria comunità, la Cgil”.