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“La ricostruzione del ccnl unitario realizzato con Federmeccanica, Fim e Uilm, con contenuti innovativi e sperimentali, e validata democraticamente con il voto delle lavoratrici e dei lavoratori metalmeccanici è la base su cui sviluppare nelle imprese e nei territori una nuova e più estesa azione di contrattazione collettiva su tutti i contenuti che compongono la prestazione lavorativa, sulle scelte di politica industriale e sui modelli organizzativi”.
È quanto si legge nel documento finale dell’Assemblea nazionale delle delegate e dei delegati Fiom, che si è tenuta a Roma il 21 giugno. Dopo la firma del contratto nazionale di categoria e la sua approvazione da parte dei lavoratori, l'Assemblea nazionale – organo rappresentativo dei delegati della Fiom Cgil – ha discusso e varato le linee guida sulla contrattazione di secondo livello, appunto il documento finale che ha il compito di articolare a livello aziendale le rivendicazioni salariali e normative della categoria.
“Anche i positivi rinnovi contrattuali realizzati per il settore cooperativo, per il settore orafo-argentiero e pure essi validati democraticamente con il voto dei lavoratori – prosegue il documento – e l’importante trattativa in corso con Unionmeccanica per il settore delle piccole e medie imprese confermano l’affermazione per la nostra categoria di un modello contrattuale fondato sui due livelli di contrattazione”.
Rimane per tutta la Fiom l’obiettivo di estendere il contratto nazionale e di conseguenza il diritto a due livelli di contrattazione “per tutte le lavoratrici e i lavoratori del nostro Paese”.
In tal senso il documento dei metalmeccanici sottolinea la “lotta della Fiom in questi anni, tesa ad impedire l’estensione a tutta la categoria del modello Fca di superamento del ccnl e di gestione aziendalistica delle relazioni sindacali, abbia ottenuto un primo importante risultato. In questa direzione la Fiom è impegnata affinché si raggiunga una legge sulla rappresentanza che affermi il diritto di voto delle lavoratrici e dei lavoratori per la validazione degli accordi collettivi a ogni livello e per l’elezione delle Rsu e per la misurazione della rappresentatività delle organizzazioni sindacali e datoriali”.
“Il diritto di voto e il diritto di sciopero rimangono gli strumenti fondamentali delle lavoratrici e dei lavoratori per affermare la soggettività del lavoro, ricostruire l’unità del mondo del lavoro e una reale democrazia fondata sulla giustizia sociale”.
Gli obiettivi di questa nuova fase di contrattazione aziendale “devono tendere ad affrontare e individuare percorsi negoziali capaci di riunificare e rappresentare i bisogni di tutte le forme di lavoro presenti nelle imprese metalmeccaniche, dando concreta e positiva attuazione alle innovazioni introdotte con il ccnl, qualificare la contrattazione preventiva sui nuovi modelli organizzativi, allargare e realizzare una più ampia sindacalizzazione dei luoghi di lavoro e nei territori. Tutto ciò si può realizzare se saremo in grado di produrre un cambiamento anche nella nostra pratica sindacale”, prosegue il documento.
La Fiom non rinuncia alla “pratica democratica nella contrattazione aziendale”, che anzi “va sostenuta e rafforzata con il coinvolgimento e la partecipazione diffusa delle nostre iscritte e iscritti e delle lavoratrici e dei lavoratori sin dalla fase di definizione dei contenuti rivendicativi delle piattaforme nella gestione delle vertenze e delle iniziative che si rendono necessarie a sostegno delle rivendicazioni”.
“Il cambiamento è reso necessario – si legge nelle linee guida del sindacato – anche dal dover affrontare una realtà sempre più divaricata. Da un lato permane una situazione di crisi e di difficoltà produttiva che rischia di tradursi in ulteriori processi di delocalizzazione produttiva e di conseguenti tagli occupazionali. In questi anni tale processo (contemporaneo ad una riduzione della spesa pubblica e degli investimenti sia pubblici che privati) ha aumentato le differenze territoriali nel nostro Paese e il Mezzogiorno ne sta pagando un prezzo doppio. Sia in termini di aumento della disoccupazione giovanile e di ripresa dei processi migratori sia in termini di una vera e propria deindustrializzazione”.
Tutto ciò, “accompagnato dalle politiche realizzate dal governo in materia di lavoro, con i provvedimenti contenuti nel Jobs Act, ha modificato e mutilato i diritti nel lavoro e ha ridotto anche le tutele degli ammortizzatori sociali, in termini di durata, di quantità economiche e di platea. Per le imprese oggi è più facile e costa meno licenziare che non ricorrere alla cassa integrazione e ai contratti di solidarietà. Inoltre nei prossimi mesi centinaia di migliaia di persone si troveranno nella drammatica situazione di esaurire l’uso degli ammortizzatori sociali e quindi di essere licenziati. Una situazione già presente in tutte le zone di crisi e pertanto risulta fondamentale rivendicare nei confronti del governo una modifica degli attuali ammortizzatori sociali, al fine di impedire i licenziamenti e favorire la realizzazione di accordi per gestire la trasformazione della struttura industriale”.
Dall’altro lato, sottolineano i delegati metalmeccanici, “siamo in presenza di un contemporaneo ed epocale processo di trasformazione dei processi produttivi, dei prodotti e dei contenuti professionali del lavoro e di cui è parte sostanziale quello comunemente indicata quale industria 4.0. Una trasformazione tecnologica che nel suo insieme modifica la stessa idea di territorio, guidata dall’intreccio di digitalizzazione e automazione che investe tutti i domini dell’economia: la produzione, il consumo, i trasporti, le comunicazioni”.
Per la Fiom, quindi, “si ripropongono temi strategici e di fondo: la non neutralità della tecnologia, il ruolo della politica economica e industriale, la sostenibilità sociale di cambiamenti, la riconversione ecologica dei prodotti, la possibile crescita o al contrario la possibile riduzione degli spazi di democrazia e partecipazione ai processi decisionali nei luoghi di lavoro e nel Paese del cittadino lavoratore”.
A fronte di questo, “si estende senza precedenti il concetto di flessibilità e si pone in una nuova forma il problema centrale per un sindacato confederale di come realizzare una riunificazione dei diritti, delle conoscenze e della rappresentanza nel lavoro anche per poter sviluppare un proprio punto di vista rispetto a un diverso modello di sviluppo, rimettendo al centro la persona”.