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Per commentare quella che la Cgil ha definito una manovra economica vera e proprio (qui l’analisi), ma fatta solo di tagli, insomma per parlare della spending review citiamo quanto scrive Famiglia Cristiana: “Mano pesante su lavoratori e pensionati, e solo una leggera sforbiciata sugli armamenti. (…) Quasi spietati con pensionati, lavoratori, famiglie con figli e malati. Remissivi, invece, e anche pusillanimi con ammiragli, generali e vertici dell'industria bellica… Se siamo sull'orlo del baratro, perché sperperare i soldi per comprare armi?”. Per il settimanale (che sostiene l'appello lanciato da oltre 600 associazioni per cancellare l'acquisto di 90 caccia F35) se un tempo si sarebbe detto “svuotiamo gli arsenali e riempiamo i granai” oggi si potrebbe dire “più lavoro e meno bombe. E' una questione di buonsenso. Di saggia amministrazione”.
Sulla spending review Rassegna ha intervistato l’economista Paolo Leon (qui l’intervista), secondo il quale si tratta di “un termine che nei fatti non vuol dire nulla, che viene utilizzato per coprire operazioni di altra natura, in questo caso di semplice taglio, perché quello che è importante per l’Europa sono i saldi”.
“La vera operazione sarebbe stata, se dobbiamo usare sempre l’inglese, uno ‘zero base budget’ – spiega ancora Leon –, un bilancio a base zero, dove ogni voce di bilancio delle diverse categorie di enti, dallo Stato agli enti locali, viene riesaminata per valutarne l’utilità ai fini della collettività. Questo esercizio, che qualche paese ha fatto e fa, sia pure una volta ogni cinque-dieci anni, da noi non è mai stato fatto. E così – prosegue l’economista – ci trasciniamo una struttura di bilancio che è stata rivista, credo, solo una volta in più di cento anni e dove i cambiamenti, che ci sono stati, sono stati quasi tutti aggiuntivi.”
“Quando si tagliano impiegati e dirigenti dello Stato e delle amministrazioni – argomenta ancora Leon -, sarebbe necessario rivedere non semplicemente la pianta organica, cosa che pure non hanno fatto, ma proprio l’organizzazione della produzione pubblica. Sappiamo che quell’organizzazione non funziona perché non è al massimo della sua efficienza, anzi, forse è al minimo, ma togliere semplicemente le persone non aumenta l’efficienza. Non sappiamo se il risultato sarà pessimo o cattivo. Comunque non sarà buono.”
Il 19 luglio i sindacati scendono in piazza a Roma per una manifestazione (la prima di una lunga campagna di iniziative) contro il decreto dei tagli. Ma l’allarme su quanto i cittadini andranno a perdere in termini di welfare e assistenza sanitaria è già scattato. “Quella del governo non è spending review, ma solo una decurtazione dei fondi, per poi dire alle Regioni e agli enti locali che sono spreconi”, dice ad esempio il presidente della Toscana Enrico Rossi (uno dei più critici) di ritorno da una due giorni di incontri romani.
Proprio da Firenze, Cgil Cisl e Uil lanciano un forte allarme per il 2013 sulla sostenibilità dei servizi erogati dai Comuni visto lo stato delle finanze locali e il livello di pressione impositiva, anche locale, raggiunto. Mentre dalla vicina Emilia si prospetta la diminuzione di almeno 3.500 posti letto, il taglio di 6.500 dipendenti, la sicura apertura di contenziosi con le aziende fornitrici delle Ausl, il rischio che molte imprese non sopravvivano alla sforbiciata netta delle commesse. Lo ha riferito l'assessore regionale alla Salute, Carlo Lusenti, precisando che comunque “fino al 31 luglio il decreto legge non è consolidato, ed è quindi prematuro esercitarsi oggi in traduzioni dettagliate degli effetti sul territorio”.
Prematuro forse, ma improbabile no di certo.