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Contratti, il tema è ancora caldo e lo rimarrà sicuramente per tutto l’autunno, con un probabile gioco di sponda Confindustria-governo, e il salario minimo come possibile cavallo di Troia per attaccare pesantemente il contratto nazionale di lavoro. Sul tema è tornato Nino Baseotto, segretario confederale Cgil, nel corso di una sua intervista rilasciata a RadioArticolo1 (qui il podcast). “Quando Confindustria discute di questi temi – ha detto – ha un solo obiettivo: quello di cambiare la natura dei contratti di lavoro, determinando la possibilità di abbassare i salari. Il gioco, però, è stato smascherato”.
Rientra in questo schema anche l’idea, più volte ribadita da Squinzi, che il sindacato sarebbe un “freno”, e che “bisogna abbassare il potere di acquisto dei lavoratoriperché il costo del lavoro sarebbe ormai un problema”. In questa lettura, ha attaccato Baseotto, “il potere di acquisto dei lavoratori, secondo Confindustria, sarebbe cresciuto, ma i lavoratori non ne avrebbero colto gli effetti per colpa delle tasse e per le manovre economiche del governo. Insomma: il responsabile dello sfacelo del paese sarebbe il sindacato, con la corresponsabilità del Parlamento e della politica. Confindustria non c'è, o meglio non ha nessuna responsabilità. È singolare, solo per dirne una, che il problema della produttività e della competitività delle imprese sia sparito nei ragionamenti di questi signori che rappresentano l'industria italiana”.
A Squinzi, che secondo Baseotto, probabilmente non applica nella sua azienda quello che va predicando in questi giorni, occorrerebbe chiedere: “Come pensa di poter scommettere sulla ripresa economica del nostro paese riducendo ancora il potere d'acquisto dei salari, e quindi riducendo ancora i consumi”? Come è possibile “continuare a parlare sempre del costo del lavoro quando invece manca una strategia sull'innovazione, mancano investimenti e le imprese, non tutte ovviamente, non hanno la volontà di rischiare”? Le aziende che hanno puntato sull'internazionalizzazione e hanno giocato davvero la sfida della competitività globale sono “imprese che hanno fatto il loro mestiere, hanno investito e realizzato una politica molto diversa da quella che va raccontando Confindustria”.
Per il segretario confederale della Cgil esiste una solo possibilità di salvezza da questo imbuto in cui si rischia di precipitare: “Le parti sociali tutte, compresa Confindustria, debbono capire che la situazione è cambiata rispetto agli anni passati. Questo governo non fa il tifo per un soggetto piuttosto che per un altro: pensa, invece, che tutte le parti sociali siano un problema e che quindi ne vadano ridotti spazi e prerogative. Vale pure per Confindustria, che rischia dunque di giocare contro gli stessi interessi che dovrebbe rappresentare”.
Insomma, la partita non è ancora finita. “Non dobbiamo regalare o addirittura chiedere al governo la possibilità di intervenire su di noi e contro di noi – ha aggiunto il dirigente Cgil –. Penso che le parti sociali possano tranquillamente discutere, anche litigare, e alla fine trovare una mediazione possibile per fare un accordo autonomo”.
In attesa di questo, però, per la Cgil “la priorità resta il rinnovo dei contratti. Se non ci saranno risultati ricorreremo alle iniziative di mobilitazione e di lotta che si rendderanno necessarie. I rinnovi per noi vanno fatti insieme a Cisl e Uil perché divisi siamo più deboli”. Dopodiché c'è anche “un contenzioso con il governo”. “Sarebbe fatto di inaudita gravità – ha attaccato Baseotto – se nella legge di stabilità si trovassero i soldi per ridurre le tasse a tutte le imprese, senza distinzione tra i chi investe e chi no, o per togliere la tassa sulla casa anche ai più ricchi e, al contrario, si dicesse che non ci sono le risorse per rinnovare i contratti dei pubblici fermi da otto anni”. Condendo magari il tutto con “inspopportabili tagli alla sanità pubblica. Se facesse tutto questo, saremmo di fronte a un governo che avrebbe superato ogni limite e reagiremo con la forza necessaria per respingere un progetto di questo tipo”.