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Il Rappresentante dei lavoratori per la sicurezza territoriale (Rlst) non è solamente il “consulente” dei lavoratori per quanto riguarda la salute e la sicurezza sul lavoro. Ma lo sta diventando anche per tante piccole o piccolissime imprese, quelle in cui il datore di lavoro è anche Responsabile del servizio di prevenzione e protezione: aziende con pochissimi dipendenti, spesso non sono iscritte alle associazioni di categoria, che cercano informazioni da chiunque sia in grado di fornirle. E questo è anche il risultato di un mondo del lavoro edile che sta cambiando, sempre più ridimensionato e disgregato.
Credo debba esserci un rapporto forte tra Rlst e datori di lavoro, tecnici del settore, organismi di vigilanza. Va finalmente messo in pratica quanto scritto nell’art. 20 del Testo Unico (comma 2, lett. a): “contribuire, insieme al datore di lavoro, ai dirigenti e ai preposti, all’adempimento degli obblighi previsti a tutela della salute e sicurezza sui luoghi di lavoro”. Girando per cantieri, però, i datori di lavoro lamentano di non riuscire più a stare dietro a documenti e procedure. Sembra quasi che la salute e la sicurezza dipendano dalla quantità di documenti da produrre. E i risultati sono scarsi: si continuano a vedere lavoratori senza protezioni auricolari, che smontano ponteggi senza i dispositivi di protezione individuale previsti, oppure usano seghe circolari con la protezione manomessa. Non sempre questo avviene per una mancanza del datore di lavoro: succede anche per mancanze da parte dei lavoratori, mancanze spesso “inconsapevoli”, legate a una debole “cultura della sicurezza”.
Senza dubbio è necessario semplificare. Ma questo non significa tagliare con l’accetta, bensì incidere con il bisturi e poi ricucire, lasciando inalterato l’obiettivo principale, ossia che le persone tornino a casa dal lavoro sane e salve. Il nostro obiettivo è la salute dei lavoratori, certamente non lo sono la compilazione dei documenti o la formazione: questi sono strumenti, e come tali si utilizzano, si cambiano, si rinnovano. L’unico modo di lavorare è quello di lavorare in sicurezza, ma questo messaggio ancora fatichiamo a farlo passare. Anche perché tanti lavoratori vivono nella paura di perdere il proprio posto di lavoro, quindi tendono ad acconsentire a tutto quanto gli viene chiesto.
In conclusione, voglio citare alcune questioni che ritengo abbastanza urgenti, nelle quali mi imbatto nel mio lavoro per i cantieri. La presenza sempre più significativa di lavoratori autonomi, di cui spesso riscontro la non conoscenza delle regole in materia di salute e sicurezza; la sorveglianza sanitaria per gli stessi lavoratori autonomi, che ora è volontaria, mentre invece andrebbe ricondotta in un discorso più generale di salute della persona, pur salvaguardando la loro autonomia di gestione; la presenza di tante aziende non italiane che operano nel territorio, con la necessaria conseguenza di fare chiarezza e di regolamentare la questione. Infine, ma è tema di carattere ben più globale, l’esigenza di legiferare sempre più nell’ottica di una formazione comune europea, proprio allo scopo di creare una comune cultura europea sulla salute e la sicurezza.
* Rlst Trieste
(estratto dell’intervento tenuto a Trieste il 4 dicembre 2014 al convegno “La sicurezza in edilizia: tra pratica, semplificazione e trasparenza”)