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“Con l’entrata in vigore del decreto lavoro le aziende non avranno più motivo di assumere a tempo indeterminato, visto che viene meno ogni vincolo causale per l’utilizzo dei contratti a termine. Questo accade in una situazione, come quella attuale, dove già il 70 per cento delle assunzioni è a termine, per di più con contratti di breve durata”. A dirlo è Nicola Marongiu, coordinatore dell’area Welfare della Cgil nazionale, intervenendo stamani alla trasmissione “Italia Parla”, in onda su RadioArticolo1 (qui il podcast), sul “decreto lavoro” varato dal governo e approvato dal Parlamento il 15 maggio scorso.
La critica della Cgil al provvedimento è molto netta. Il dato più eclatante, spiega Marongiu, è che con questo decreto di fatto “si allunga il periodo di prova fino a tre anni. Il rischio è che dopo i tre anni, soprattutto per le mansioni con carattere ripetitivo o che non sono strettamente legate al profilo professionale della persona, un lavoratore venga sostituito con un altro, generando quindi precarizzazione e instabilità del mercato del lavoro. La nostra preoccupazione, insomma, è che il contratto a termine divenga il contratto di uso prevalente, quando invece la forma comune per la imprese, in virtù della regolazione nazionale ed europea, deve restare il contratto a tempo indeterminato”.