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“Assistiamo a un passaggio epocale che deve essere governato con attenzione. Dobbiamo fare in modo che le nuove sfide tecnologiche non producano diseguaglianze fra persone, fra territori forti e deboli, fra industrie grandi e piccole, tra generazioni digitali e analogiche. Per questo, siamo chiamati a confrontarci sul piano pratico”, ha esordito la dirigente sindacale.“Il primo tema da affrontare riguarda il mercato del lavoro della nostra regione. Non si può parlare di digitalizzazione, innovazione tecnologica, in una parola di cambiamento, se poi solo un’assunzione su dieci è a tempo indeterminato, se un lavoratore dipendente su quattro è precario, se un lavoratore su tre lavora part time e solo uno su due sta a tempo pieno, con retribuzioni medie che non arrivano ai 20.000 euro lordi annui, con divari crescenti con le altre regioni. In queste condizioni non si può certo parlare d’innovazione. Senza contare ulteriori e peggiori arretratezze cui dobbiamo far fronte, come il caporalato nei cantieri della ricostruzione”, ha proseguito l’esponente Cgil.
“Le Marche escono stremate dopo un decennio di crisi. Poi, ai primi cenni di ripresa, è arrivata la tragedia del terremoto, con intere comunità da ricostruire e un intero modello produttivo da rifare. Abbiamo punti di eccellenza, certo. Su quelli occorre puntare per ripartire. Abbiamo realtà come il gruppo Loccioni, che ha vinto la sfida sulla robotizzazione del controllo delle materie prime, oppure la Biesse o la Ducals che si misurano con le tecnologie della realtà aumentata. Oppure piccole aziende innovative come Grottini, Enke. Eccellenze importanti, sì, ma da sole non bastano a trainare un sistema, se questo non va nella stessa direzione”, ha aggiunto la sindacalista.
Secondo tema, come coniugare la digitalizzazione nei settori tradizionali a forte prevalenza manifatturiera, fatti di piccole e piccolissime imprese? Come tenere in equilibrio il rapporto tra innovazione, digitalizzazione, tecnologia, ricerca e piccole imprese? “Le tecnologie possono essere un’opportunità di sviluppo per i prodotti del made in Italy, ma è necessario che questi processi d’innovazione vengano sostenuti da un territorio ‘smart’, con un’infrastrutturazione tecnologica adeguata che sia di supporto alle tecnologie stesse. Le università possono supportare questi processi”, ha sottolineato la segretaria regionale.
“Nello stesso tempo, le nuove tecnologie non possono destrutturare il tessuto produttivo e l’impresa tradizionale. È necessario che qualcuno svolga il ruolo d’interfaccia, che dialoghi e sia di riferimento al sistema della ricerca e nel contempo interlocutore privilegiato delle imprese. Il territorio deve ammodernarsi con il supporto di centri di ricerca e università. Una sorta di Cnr a livello locale, che fornisca risposte al territorio. Ma soprattutto servono investimenti; in primis, in silicio, perciò occorre portare la fibra ottica ovunque. La banda ultralarga è fondamentale, se vogliamo creare territori ‘smart’. Ma è capitato, dopo una nevicata abbondante, che sia venuta a mancare l’energia elettrica in zone particolarmente devastate. In queste condizioni, ovviamente, non c’è futuro e non c’è sviluppo. Servono coraggio, risorse e bisogna agire velocemente. Anche le risorse post sisma devono essere finalizzate a tali fini per dare risposte alle aree interne”, ha rilevato ancora la numero uno della Cgil marchigiana.
“Infine, terzo tema: occorre evitare che la digitalizzazione provochi una nuova frattura sociale e generazionale. La robotizzazione deve migliorare la condizione di vita delle persone, non il contrario. Penso al progetto di casa intelligente e longevità attiva per gli anziani, lanciato alcuni anni fa da Inca e Regione Marche, portato avanti in provincia di Ancona. Abbiamo necessità di coniugare i distretti industriali, del mobile e dell’elettrodomestico, con le nuove tecnologie, garantendo anche alle popolazioni più anziane una prospettiva di maggiore autonomia e maggiore serenità. È questa la sfida che abbiamo di fronte”, ha concluso Barbaresi.