PHOTO
Il 2015 si sta per concludere, ed è il momento dei bilanci. Per il presidente del consiglio Matteo Renzi doveva essere l'anno della ripresa, l'anno in cui, caduto ogni alibi, le imprese sarebbero tornate ad assumere grazie alle decontribuzioni e agli sgravi fiscali. “E’ vero che il pil dopo 14 trimestri negativi o nulli è tornato a crescere di uno zero virgola, questo non si può negare. Ma non possiamo chiamare questo zero virgola una ripresa. Perché a differenza di altri paesi europei e di altre economie noi abbiamo perso 9 punti di Pil. Se dopo tanta recessione siamo passati a uno zero virgola direi che l'economia italiana è passata alla stagnazione”. A dirlo è Riccardo Sanna, coordinatore dell'area politiche dello sviluppo della Cgil ai microfoni di Italia Parla su RadioArticolo1.
“Basta guardare i dati degli altri paesi europei – ha continuato Sanna - per capire che il nostro ritmo di uscita dalle secche è l'ultimo, eccetto quello della Grecia che comunque nelle previsioni denota segnali di crescita maggiori dei nostri. Non solo non siamo in ripresa ma siamo molto lontani anche solo ad agganciare una congiuntura favorevole”.
Per quanto riguarda l’Unione Europea, poi, secondo il funzionario Cgil, “se i trattati fossero stati interpretati in modo flessibile fin dall'inizio della crisi, oggi non ci troveremmo in una condizione di stagnazione, con ancora un rischio forte di deflazione. Il Fiscal compact ha irrigidito i trattati e si è scelta l'austerità per puntare sulla fiducia dei mercati e il disindebitamento. In una crisi in cui si perde occupazione e si perde reddito bisogna invece spingere la spesa, gli investimenti, l'occupazione e il reddito. Abbiamo un’Europa che ha sbagliato e ci ha trascinato in questa crisi. Si è scelto, anche in questo caso, di amministrare la crisi e la recessione. E così si è improntata un po' di flessibilità all'interno di un quadro di disindebitamento e di rigore, che non si può davvero chiamare un cambio di verso. Le altre aree del pianeta, dagli Stati Uniti agli altri paesi emergenti, hanno aumentato il debito ma sono usciti più propriamente dalla crisi. I loro rischi riguardano il lungo periodo, noi invece siamo ancora nelle secche”.
La scorsa settimana, infine, è stata approvata la nuova legge di Stabilità, una legge presentata come espansiva. “Ma in cui – conclude Sanna - le tasse si tagliano in modo iniquo.Vengono tolte Imu, Tasi, Irap per l'agricoltura, poi ci sono l'ecobonus, c'è l'Ires, l'imposta sui profitti e le imprese che viene rimandata di un anno, ci sono super ammortamenti, la detassazione della produttività e soprattutto il welfare aziendale. E poi sono spuntati, in quest'ultima versione, dei nuovi bonus e aggiustamenti ai bonus. Anziché spingere su misure per l'impresa hanno scelto di puntare su cultura e difesa. Quindi, anche all'interno di una manovra non espansiva secondo i parametri europei, si poteva fare di meglio. Le misure ammontano a circa 15 miliardi, che però vengono annullate totalmente dai tagli alla spesa e al welfare. C'è stato qualche miglioramento, anche sul versante pensioni, però il segno della manovra è che le piccole misure che possono portare benefici vengono annullate, e c'è una centralizzazione del potere del governo. Tutto ciò denota un’amministrazione della crisi, nessuna dialettica con l'Europa e una ricerca di un ridimensionamento dello Stato e dell'intervento pubblico. La lezione non è stata appresa e viviamo ancora nella speranza che dall'alto arrivi la ripresa.”