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Ha avuto grande risalto sulla stampa di oggi la proposta di Nestlè, la multinazionale svizzera che tra gli altri detiene il marchio Perugina, di offrire ai dipendenti della fabbrica di cioccolata l'assunzione di un figlio in cambio di una riduzione, sensibile, del loro orario di lavoro. L'idea è quella di trasformare gli attuali fissi, magari quelli con più anni di lavoro sulle spalle, in part-time e con i risparmi assumere giovani lavoratori, anche loro flessibili.
L'azienda lo ha definito in una nota un “patto generazionale per favorire l'occupazione giovanile”, che spiega così: “A fronte dello slittamento delle pensioni, che rischia di sbarrare la strada alle occasioni di lavoro per i giovani, abbiamo ritenuto opportuno offrire ai lavoratori che volontariamente accetteranno di ridurre l'orario di lavoro da 40 a 30 ore settimanali, la possibilità dell'assunzione di un figlio presso lo stabilimento di San Sisto”.
In un comunicato, Nestlè Italiana definisce questa proposta una “risposta seria, responsabile e coraggiosa in un momento di difficoltà per l'economia, non solo in Umbria e in Italia, ma in molti Paesi europei”. Ma la Cgil, sindacato nettamente maggioritario in Perugina, dà una lettura completamente diversa.
“La proposta di Nestlè di barattare i diritti dei lavoratori dello stabilimento Perugina di San Sisto, acquisiti negli anni, con una prospettiva di lavoro, comunque flessibile per i figli, è assolutamente inaccettabile oltre che impraticabile”, scrivono in una nota la Flai Cgil dell'Umbria e la Camera del Lavoro di Perugia, che sottolineano di avere già respinto questa proposta al tavolo ufficiale in Confindustria, “prima di tutto perché non risolverebbe né i problemi occupazionali, né quelli della fabbrica”.
“Quello che serve realmente – sostiene il sindacato - è un piano pluriennale serio di rilancio dello stabilimento di San Sisto e non certo un improbabile scambio tra diritti, che peserebbe comunque tutto sulle spalle dei lavoratori. Se Nestlè vuole veramente guardare al futuro e favorire l'occupazione giovanile, lasci perdere queste uscite estemporanee, e realizzi investimenti, assumendo giovani lavoratrici e lavoratori, senza per questo penalizzare chi per anni ha costruito la ricchezza di questa fabbrica”.
Per la Cgil, insomma, “gli errori commessi in questi anni dal management non posso ricadere sempre sulle spalle delle lavoratrici e dei lavoratori di San Sisto che non hanno certo responsabilità”. Michele Greco, coordinatore della Rsu, spiega infatti che con il meccanismo proposto dall'azienda, gli attuali dipendenti subirebbero una perdita di salario che in alcuni casi potrebbe arrivare fino al 40%, mentre lo stipendio di un giovane nuovo assunto con contratto part-time non gi consentirebbe comunque un progetto di vita autonomo. Insomma, sostiene Greco, il risultato sarebbe di impoverire i padri e costringere i figli a restare in famiglia.
Infine, dal sindacato arriva una precisazione di non poca rilevanza: “A forza di processi di mobilità e di riorganizzazione in Perugina - scrivono Flai e Cgil - l'età media si è talmente abbassata che nella stragrande maggioranza dei casi i figli dei dipendenti oggi sono minorenni e l'assunzione dei minorenni è una pratica che siamo certi Nestlè non voglia adottare in nessuna parte del mondo”.