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"Agenda digitale Europea. Investimenti pubblici e sistema industriale Ict". Questo il titolo del convegno della Cgil nazionale che si è tenuto oggi a Milano a Palazzo Turati. L'incontro ha fatto il punto della situazione in un settore chiave, le tecnologie dell'informazione e della comunicazione, nel quale l'Italia sconta ancora ritardi e una crisi per nulla risolta.
Rosario Strazzullo, della Cgil nazionale, nella sua relazione ha spiegato come i piani strategici del governo, che facevano sperare in un cambiamento in questo settore strutturalmente in crisi da almeno dieci anni, non abbiano avuto seguito. C'è un divario enorme, ha detto, tra gli investimenti che pure ci sono nella filiera del digitale, e la situazione occupazionale, e questo è particolarmente evidente proprio in Lombardia. È necessario un piano nazionale per l'industria del digitale e l'individuazione di grandi aree per la sua realizzazione.
Anche Roberta Turi, della segreteria nazionale della Fiom, ha ricordato le grandi crisi del settore, dalla Nokia alla Ericsson, fino all'Alcatel Lucent. Nonostante i proclami del governo, ha sottolineato, il settore del digitale subisce ancora una forte perdita di occupazione. “Debbono essere liberate le risorse stanziate – ha detto Turi -, in particolare per la banda ultra larga, e ci auguriamo che questo possa avere una ricaduta positiva sull'occupazione”.
Dopo gli interventi dei delegati e delle delegate delle aziende del settore, molte delle quali in crisi, Giampiero Castano del Mise ha sottolineato come la crisi non sia affatto superata: “Il 25 per cento della capacità produttiva dell'industria, dunque della possibilità di creare valore aggiunto, è andato perduto. La situazione è degradata non solo dal punto di vista quantitativo ma anche qualitativo; abbiamo perso capacità di sviluppare conoscenza e di fare impresa”. Ma a mancare non è solo l'infrastruttura digitale nel nostro paese, anche quelle dei trasporti e della logistica sono carenti. Bisogna fare in fretta, ha aggiunto Castano, ci sono ritardi non più accettabili. Vanno fatte scelte radicali, e va ripensato il modello di formazione professionale. Il taglio del 50% delle spese informatiche è un problema, anche se vanno abbattuti gli sprechi: la spesa va rinforzata e controllata, coordinata. C'è inoltre una caduta di voglia imprenditoriale. È utile che si riprenda in fretta un tavolo di confronto con i sindacati. “Sono convinto - ha concluso Castano - che le parti sociali abbiano un ruolo importante nel nostro paese non solo sul piano della rappresentanza, ma anche per creare insieme progetti nuovi, che non sono possibili senza il contributo delle organizzazioni sindacali.
Stefano Pileri, amministratore delegato di Italtel, è intervenuto sul piano strategico banda larga che, approvato nel marzo del 2015, conta su 7 miliardi di investimenti pubblici e 5 privati. In questi mesi viene ultimata l'attività per l'approvazione europea del piano di investimenti per i cluster nelle aree individuate, quindi l'operatività dei finanziamenti è prevista a partire dal gennaio del 2016. Sono all'incirca 5 miliardi di euro. Bisogna vigilare attentamente, però, su questo sviluppo, evitando che gli operatori di telecomunicazioni usino la solita strategia del veto incrociato, che pone ostacoli all'utilizzo dell'investimento pubblico.
Quale l'impatto sull'occupazione? Secondo Pileri, in tre anni è possibile impiegare 15mila persone. Il totale dell'occupazione infrastrutturale oggi è di circa 25/26mila persone. Abbiamo dunque la possibilità di incrementare del 50% l'occupazione nel settore. C'è poi il secondo piano strategico, quello della "crescita digitale" che prevede 4 miliardi circa per lo sviluppo della rete digitale nel settore pubblico. Chiudendo il suo intervento Pileri ha parlato dell'esperienza Italtel su ricerca sviluppo, che sta cercando di utilizzare i non pochi finanziamenti disponibili.
Alfonso Fuggetta, del Politecnico di Milano, ha denunciato i tagli agli investimenti nella conoscenza; investimenti che se non ripartono ci fanno perdere l'interesse del mercato internazionale. Ha sottolineato poi la profonda differenza che c'è tra il settore Tlc e l'It: mentre il primo è ben presidiato dal pubblico e funziona, il meccanismo della digitalizzazione del settore pubblico non va. Perché le imprese investano ci vogliono incentivi veloci, rapidi, che funzionino. “Il settore che ha subito più tagli - ha denunciato Fuggetta - è quello dell'Università e della ricerca, e questa distruzione deve finire”. La formazione è un tema fondamentale, ha aggiunto, ma bisogna cambiare profondamente i processi formativi. Che significa oggi formare le persone? Come si mantiene l'aggiornamento nel mondo del lavoro? Noi dobbiamo insegnare ad imparare, a ragionare, ad apprendere se vogliamo guardare al futuro della ricerca.
Elena Lattuada, segretario generale della Cgil Lombardia, ha sottolineato l'importanza del settore per la regione ospite del convegno. La prima considerazione, ha detto riferendosi agli interventi dei delegati, “è che abbiamo bisogno di un sistema produttivo che abbia le caratteristiche per competere sul livello internazionale. Il tema è come le imprese riescono ad intercettare le risorse disponibili, che sono molte. Un elemento rilevante su cui occorre sfidare il governo e il sistema delle regioni, che non è ininfluente sul piano dell'uso delle risorse, è se si decide di costruire una sorta di regia istituzionale scegliendo quali sono i settori strategici del paese. Perché se le risorse ci sono, ma non sono accessibili - ha aggiunto il segretario della Cgil Lombardia -, l'esito è che non saremo in grado di avere un sistema di imprese che le utilizzino e costituiscano un volano di sviluppo”.
“Mi pare emblematico quello che sta succedendo anche in queste ultime ore in questa regione e in questa città, qualcosa che ha attinenza con quello di cui stiamo discutendo. Una grande opera adeguatamente infrastrutturata e per la quale si sono spese grandi risorse, Expo, è terminata: oggi rischiamo di assistere ad una sorta di gara prima di tutto tra istituzioni su ciò che su quell'area andrà fatto. Per noi è inconcepibile il fatto che si contrapponga un ente di ricerca sicuramente di eccellenza come quello che sta a Genova, che è una sorta di extra dogana che gode di ingenti finanziamenti pubblici, e si possa pensare di importare un sistema di quel genere pensando che sia sufficiente a costruire quelle sinergie di cui c'è tanto bisogno”.
“Non può esistere la ricerca pura per la ricerca pura - ha proseguito Lattuada -, o meglio, può esserci in parte, ma l'altra parte dev'essere di ricerca applicata che faccia da volano di sviluppo. Non solo c'è un problema di utilizzo delle risorse, ma di un sistema di ricerca pubblica che orienti anche gli sviluppi produttivi”.
Fabrizio Solari, della segreteria nazionale Cgil, concludendo i lavori ha confermato la convinzione che non siamo fuori dalla crisi, ma che anche al netto di questi sette anni, il nostro sistema aveva già molti problemi. “Prendiamo atto - ha detto - che da anni siamo impegnati obiettivamente su un altro fronte, risucchiati dalla gestione di una crisi che incalza tutti i giorni, e quando si ha un problema di esuberi, si fa fatica a concentrarsi sui grandi progetti. La Cgil ha però oggi deciso di dotarsi di uno strumento per comprendere meglio, attraverso un osservatorio, chi ce la sta facendo, quali sono le realtà che sono fuori dalla crisi. Non c'è dubbio – ha proseguito Solari - che l'agenda digitale europea e il pezzo italiano possano essere quella scintilla che rimette in movimento un sistema più vasto che non si limita al settore industriale, ma è destinato a cambiare anche i comportamenti di altri settori. Pensiamo a cosa può determinare la messa in rete della micro impresa. Può dunque essere occasione di un salto di qualità? Forse si, ma tutto ciò non può essere affidato al caso, vanno individuati punti di governo di questo processo”.
Il nostro paese ha un deficit strutturale e anche altri limiti. “C'è - si è chiesto Solari - un luogo politico istituzionale che si occupi di queste questioni, che si chieda quale sia il rapporto tra la filiera tecnologica e produttiva legata alla produzione e i processi che va a innovare? Un luogo in cui si pensi che la riforma della PA deve avere nella digitalizzazione un elemento fondamentale? Tutte queste complessità nessuno le sta presidiando. Il sindacato, di questa necessità di recuperare il tempo perso sul terreno dell'innovazione deve fare un cavallo di battaglia, sapendo che vanno risolti subito i nodi legati alla gestione della transizione, altrimenti ancora una volta questi processi verranno governati contro chi lavora.
Dobbiamo sfidare il governo in avanti – ha concluso -, spiegando che anche un processo del tipo di quello su cui abbiamo ragionato stamattina, ha bisogno del coinvolgimento diretto delle parti sociali. Delle aziende, certo, di chi le rappresenta ma anche di chi rappresenta il lavoro. Solo così è possibile che qualcosa avvenga, e avvenga in tempi non biblici”.