Per Pietro Ichino, nella riforma Fornero, le luci prevalgono sulle ombre. Lo spiega in una conversazione con Il Foglio "Innanzitutto - spiega il giuslavorista e senatore Pd - c'è un merito di questa riforma che basta da solo a compensare tutti i difetti. In materia di licenziamenti si passa da un regime in cui la regola generale è costituita dalla reintegrazione nel posto di lavoro, quella che la teoria generale indica come una property rule, a una liability rule, ovvero alla sanzione indennitaria". Questo "elimina un'anomalia tutta italiana - la reintegrazione automatica - rispetto al resto d'Europa". "Va in questa direzione - aggiunge – anche la drastica limitazione dell'entità dell'indennizzo nel caso di reintegrazione". Restano alcune zone grigie in cui non è chiaro quale delle due regole debba essere applicata: "Comunque il testo è abbastanza univoco nell'indicare che la reintegrazione costituisce l'eccezione".
Un altro grande merito della riforma che è stato del tutto sottovalutato, secondo Ichino, è questo: "Dopo diciotto anni nei quali si è parlato di riforma degli ammortizzatori sociali senza che nessun governo, né di centrodestra né di centrosinistra, riuscisse a cavare un ragno dal buco, e dopo una fase di confronto con le parti sociali in cui sia gli imprenditori sia i sindacati si sono opposti duramente a cambiare le cose, questa riforma è stata fatta. Ora, sia pure con un effetto differito, abbiamo un'assicurazione generale di livello europeo contro la disoccupazione, applicabile a tutto il lavoro dipendente. E la cassa integrazione viene ricondotta alla sua funzione originaria, molto diversa dal trattamento di disoccupazione".
Ichino, la revisione dell’art.18 vale tutta la riforma
28 giugno 2012 • 00:00