(Labitalia) - "Le persone con Hiv che lavorano, hanno il 40% in più delle probabilità di ricevere il trattamento per l'Hiv rispetto a quelle senza lavoro". E' quanto afferma uno studio dell'Ilo pubblicato alla vigilia della Giornata mondiale contro l’Aids (1 dicembre, ndr). Lo studio dimostra che le persone colpite da Hiv si sottopongono al trattamento con maggiore regolarità quando hanno un lavoro. Questo è dovuto principalmente al fatto che esse dispongono di un reddito che gli consente di pagare i servizi medici, le medicine e il sostegno necessario, e un'alimentazione adeguata.
"Mentre l'accesso al trattamento -ha affermato Alice Ouédraogo, direttrice del programma Ilo su Hiv-Aids e mondo del lavoro - è aumentato in maniera significativa negli ultimi anni, assicurare che le persone con Hiv possano continuare regolarmente il trattamento rimane ancora una sfida. E' chiaro dal rapporto che il lavoro, e in maniera più generale il luogo di lavoro, sono fondamentali per raggiungere l'obiettivo dei 15 milioni di persone con Hiv sottoposte a trattamento da qui al 2015".
Il rapporto contiene i risultati di paesi a basso, medio e alto reddito di Africa, Asia e Nord America. La disoccupazione, in particolare nei paesi a basso e medio reddito, pregiudica la possibilità delle persone di sottoporsi ai trattamenti, il che porta a interruzioni, a una debole soppressione della carica virale e, infine, al fallimento del trattamento. La disoccupazione può anche dar luogo a depressione, e a comportamenti e a situazioni che sono stati indicati come fattori di non aderenza, tra cui trascuratezza della persona, abuso di sostanze nocive e perdita della propria dimora. In alcuni casi, può portare anche ad atti criminali e quindi alla prigione.
Le donne hanno più probabilità di accedere alle terapie antiretrovirali nella maggior parte delle regioni del mondo, in particolare in quelle aree dove l'Hiv è maggiormente diffuso. Di conseguenza, l'aderenza al trattamento è in genere più elevata nelle donne. Tuttavia, il lavoro è un fattore determinante per aiutare gli uomini a seguire il loro regime terapeutico in quanto essi beneficiano di una maggiore sicurezza alimentare e finanziaria e possono anche accedere alle terapie antiretrovirali somministrate nel luogo di lavoro.
Le persone con Hiv che lavorano nel settore informale tendono ad avere difficoltà nel seguire il trattamento. In alcuni paesi come gli Stati Uniti, dove esistono reti di protezione grazie alle quali le persone con Hiv hanno accesso a sussidi per invalidità, l'impatto della disoccupazione sull'aderenza al trattamento è meno grave. Tuttavia, è stato dimostrato anche che lo stigma della malattia è percepito proprio dalle persone con un impiego. Alcuni lavoratori non rivelano la propria condizione di malati di Hiv in quanto temono di essere stigmatizzati e quindi non si sottopongono alle terapie anti-retrovirali. Altri trascurano le cure perché preoccupati di essere visti dai colleghi prendere i farmaci sul luogo di lavoro.
L'Ilo e Unaids hanno unito gli sforzi per aumentare il numero dei lavoratori consci della propria condizione e che possano quindi accedere al trattamento sui luoghi di lavoro attraverso l'iniziativa 'Voluntary counselling and testing'. La partnership mira ad assicurare entro il 2015 a cinque milioni di donne e uomini lavoratori il servizio di diagnosi e consulenza gratuita e confidenziale dell'Hiv e a garantire che le persone il cui test risulti positivo vengano indirizzate verso i servizi per la cura, il trattamento e il sostegno psicologico per i malati di Hiv.
Hiv: chi lavora si cura meglio
E' quanto afferma uno studio dell'Ilo pubblicato alla vigilia della Giornata mondiale contro l’Aids
29 novembre 2013 • 00:00