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“L'Unione europea esce dalla trattativa greca segnata quasi in modo irreversibile. A questo punto non basterà più nemmeno una pura integrazione politica, perché in quel caso bisogna vedere su quale base si farà”. Cosi il segretario confederale della Cgil, Danilo Barbi, intervistato da RadioArticolo1 nella trasmissione Italia Parla (qui il podcast). Spiega il dirigente sindacale: “Il surplus della Germania non è una virtù, è un vantaggio, un atto di supremazia. Nel mondo, però, non tutti possono avere un surplus perché alcuni saranno inevitabilmente in deficit. Ecco perché servono meccanismi che correggano questa situazione. Oggi, invece, la politica economica europea si basa sull'idea tedesca che tutti devono avere un surplus. Ma se lo avessimo tutti, dovremmo condannare al deficit gli Stati uniti o la Cina”.
Quelle imposte ad Atene, spiega poi Barbi, “sono misure negative per gli effetti immediati ma positive nella prospettiva di una politica di investimenti e di crescita, oltre che di ristrutturazione del debito, grazie ai prestiti di liquidità che per almeno tre anni metteranno il paese al riparo”. Il giudizio va distinto su tre livelli. “Primo: le misure immediate richieste su pensioni e Iva non sono molto diverse dalle quelle bocciate nel referendum. Secondo: c'è una parte decisamente migliorativa, cioè il prestito sale da 18 miliardi a 83; non è un dettaglio in un paese con le banche senza soldi Terzo: viene proposta la discussione sulla ristrutturazione del debito, che - a suo giudizio - era il vero obiettivo del governo Tsipras. Risultati molto positivi, in parte ridimensionati dalla costituzione del fondo privatizzazioni”.
Ma il vero punto da sottolineare, prosegue Barbi, è che l'Unione europea esce traumatizzata da questa crisi. “Tre paesi, Germania, Olanda e Finlandia, durante la trattativa hanno messo sul tavolo un documento ufficiale che prevedeva l'uscita della Grecia. È una cosa priva di legittimità, non prevista nei trattati di Maastricht dove non c'è la possibilità che alcuni decidano di buttare fuori altri. Questo non è un dettaglio, è il cuore della questione e produce un effetto clamoroso: l'Europa sostituisce il concetto storico e geografico con un'idea utilitaristica, che poi è tutta da definire. Sul piano politico - conclude - il bilancio della vicenda greca è disastroso non solo per Atene, ma per l'Europa tutta. O c'è un cambiamento, oppure la disgregazione europea accelererà fortissimamente”.