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Scriveva Voltaire che “la civiltà di un paese si misura da come si vive nelle sue carceri”. Era l’alba della modernità e il capitalismo solo un’idea commerciale, ma il paradigma offerto dal grande francese può valere ancor oggi: la qualità del mondo si misura dal basso. Oggi, nell’era del capitalismo digitale potremmo aggiornare le categorie volterriane dicendo che la qualità della nostra civiltà ormai globale si misura da come vivono - oltre ai carcerati che è sempre una discreta cartina di tornasole - operai, panettieri, facchini (anche in versione riders), cassieri, infermieri, bidelli e tutte quelle persone al lavoro - declinate al maschile e al femminile - che svolgono “attività essenziali”. Quelle portate alla luce da un virus che come un troglodita, con la clava del suo contagio, smantella tutte nostre abitudini e ci fa tornare all’essenziale dell’esistenza.
È una strana selezione dei lavori quella che ne ridisegna le priorità in base a ciò che conta per la vita. Una cernita un po’ drogata dal mercato e dalle merci, trovando il pane fianco a fianco con le scarpe della Nike. Discutibile, molto. Ancor più discutibile il fatto che in questo paese tra i lavoratori che non possono seguire l’undicesimo comandamento che recita “state a casa”, ci siano quelli che guadagnano di meno: l’elenco di cui sopra, cui chiunque può aggiungere un pezzo per comporre il vasto insieme dei “meno pagati”, la grande maggioranza del totale.
In queste ore molti “essenziali” protestano. Alcuni mettono in discussione l’indispensabilità di ciò che producono e con essa la qualità del nostro “sviluppo”. Altri fanno presente che anche la loro salute va difesa, denunciando così quanto il lavoro sia stato svalutato al punto da non essere tutelato nell’ultimo decreto governativo, semplicemente dimenticato. In queste ore si sta lavorando per sanare questo sfregio. Certamente sarà fatto. Poi, in futuro - guariti tutti - dovremo ripensare quanto il valore e il senso del lavoro contino sulla sorte della democrazia. Nata tanti anni fa, quando le epidemie erano solo un castigo di capricciosi Dei, non il metro di misura di chi conta e chi no.