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Via libera definitivo del Consiglio dei ministri al decreto legislativo di revisione delle circoscrizioni giudiziarie. Il 'governo, tenuto conto dei pareri delle Commissioni giustizia di Camera e Senato nonché di quello reso dal Consiglio superiore della magistratura - si legge in una nota di Palazzo Chigi - ha licenziato il testo finale del decreto”.
La versione definitiva prevede la soppressione di tutte le 220 sedi distaccate, confermando così l'iniziale previsione e la riduzione e l'accorpamento di 31 tribunali e di 31 procure, anziché 37 come previsto in precedenza. Rispetto allo schema di decreto, il Governo ha deciso però di mantenere i presidi giudiziari nelle aree ad alta infiltrazione di criminalità organizzata (Caltagirone e Sciacca in Sicilia; Castrovillari, cui sarà accorpato il tribunale di Rossano, Lamezia Terme e Paola in Calabria; Cassino, cui sarà accorpata la sezione distaccata di Gaeta nel Lazio) e di dotare di un ufficio di Procura anche il Tribunale di Napoli nord.
Prevista inoltre la soppressione di 667 uffici di giudici di pace, mantenendo - rispetto alla previsione iniziale - un giudice di prossimità in sette isole (Ischia, Capri, Lipari, Elba, La Maddalena, Procida, Pantelleria) in modo da consentire anche l'eventuale deposito di atti urgenti in casi di irraggiungibilità dalla terraferma. Infine, il decreto prevede la ridistribuzione sul territorio del personale amministrativo e dei magistrati restanti, per i quali non sono previsti né esuberi né messa in mobilità.
Sulla lotta alle mafie "il governo non intende in alcun modo arretrare nemmeno sul piano simbolico". Così il ministro, Paola Severino, come si legge nel comunicato del Cdm. "Per questo sono state espunte dall'iniziale elenco di 37 tribunali e relative procure, le sedi in zone ad alta concentrazione di criminalità organizzata".
"E' stata invece confermata - ha aggiunto Severino - la soppressione di tutte le sezioni distaccate, nonostante le richieste di mantenimento di alcune di esse, poiché l'esperienza sin qui fatta dimostra che si tratta di un modello organizzativo precario ed inefficiente sotto il profilo della produttività e della carenza di specializzazione con un impiego di risorse spropositato rispetto alle esigenze".