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The sound of silence è il brano suonato e cantato dagli alunni dell’orchestra della scuola media Fraccacreta di Santo Spirito. Gli studenti con la loro esibizione hanno dato il benvenuto a Giovanni Impastato, a Bari per un doppio appuntamento: visitare la "kalimchè", l'imbarcazione confiscata alla criminalità organizzata, che la utilizzava per il traffico di esseri umani da Bodrum a Otranto, ora trasformata in biblioteca sull'acqua e presentare il suo libro Oltre i cento passi, in memoria del fratello Peppino, vittima di mafia.
Dalle pagine del libro i ragazzi hanno annerito alcune parole, per estrapolarne altre utilizzando il processo creativo del “caviardage”, componendo poesie sulla legalità che hanno poi letto all’interno di Villa Artemisia, location non casuale. Si tratta infatti di un bene confiscato alla mafia, trasformato ora in spazio polifunzionale e luogo di inclusione sociale e gestito dalla cooperativa sociale Caps. Dopo aver richiesto nel 2001 l’affidamento del bene confiscato appartenuto al clan Lanzarotto, sono stati avviati una serie di progetti volti alla valorizzazione dell’edificio sia sotto il profilo fisico sia sociale, candidando di volta in volta il bene a una serie di iniziative promosse da vari enti per sostenere percorsi di antimafia sociale, a partire dal riutilizzo sociale dei beni confiscati alla criminalità organizzata.
“Il miglior alleato della mafia è la paura. Essere qui significa non avere paura impegnandoci a sconfiggere la mafia in ogni sua sfaccettatura – ha spiegato Gigia Bucci, segretario generale Cgil Bari -. Questa è una delle tante tappe che come Cgil Bari stiamo portando avanti sul tema della legalità. Lo scorso 30 aprile eravamo in Piazza Risorgimento a Bari per la settima edizione di Premio Maggio, portando quindi musica e cultura fra i ragazzi, i commercianti, gli abitanti di un quartiere difficile".
"La scelta di svolgere l’evento in quella piazza ha rimarcato la continuità dell’impegno sociale del sindacato che, in quello stesso luogo, ha deciso di manifestare chiamando a raccolta tutte le associazioni democratiche attive in città per rispondere a una serie di speculazioni politiche. Alcune realtà, soffiando sul disagio dei cittadini, hanno seminato odio e paura nei confronti degli immigrati che vivono nel quartiere. Fu proprio in quell’occasione che la Cgil assunse impegni ben precisi per lo sviluppo e il benessere della zona tra cui quello di riprendere, insieme ai cittadini, il ruolo delle piazze come spazio di socialità e di democrazia, dimostrando che il vero problema non sono gli immigrati bensì l’illegalità diffusa legata alla criminalità organizzata, come discusso sempre in quell’occasione, durante la tavola rotonda con Paolo Borrometi, giornalista che da anni denuncia l’attività delle mafie tanto da essere costretto a vivere sotto pesante scorta a causa delle ripetute minacce di morte ricevute".
“Essere qui oggi in un bene confiscato alla mafia – ha ribadito Bucci - vuole rimarcare la scelta di impegnare gli alunni ad una lotta che inizi fra i banchi di scuola, attraverso lo studio e la cultura della legalità. Bari è una città che si indigna ma che lo fa concretamente, a partire dall’impegno dell’amministrazione comunale che qualche settimana fa ha impedito i festeggiamenti ormai rituali di un clan malavitoso del quartiere libertà spesso usato come bacino anche elettorale della politica di destra per raccogliere consenso facendo una propaganda becera anche contro gli immigrati”.
Nell’intervento del prefetto, come in quello del vice sindaco di Bari, è stata ribadita l’importanza di aver recuperato un bene che un tempo era quartier generale della malavita, per farne uno strumento concreto di difesa alla mafia, attraverso la cultura e la formazione offrendo un futuro concreto ai ragazzi per poter far conquistare loro un ruolo nella società che assecondi i loro desideri scegliendo la legalità come strada principale per la libertà. Dare nuova destinazione ai beni confiscati e sequestrati mettendo in piedi progetti per restituirli ai loro territori di appartenenza è il nostro lavoro quotidiano, ha ricordato Mariarosa Turchi, direttore generale della direzione beni mobili e immobili sequestrati e confiscati, commossa nel vedere così tanti ragazzi affollare Villa Artemisia. Una villa, come ha ricordato il magistrato Francesco Giannella a capo della direzione distrettuale antimafia, che è stata per molto tempo ritrovo di mafiosi e di trafficanti di droga mentre tutti sapevano, ma nessuno diceva nulla. Il vero nemico dell’antimafia è dunque la solitudine. Oggi per fortuna esiste una rete fatta non solo da chi denuncia, dai magistrati, dalle forze dell’ordine, dalle istituzioni, dal sindacato, ma anche e soprattutto dalle associazioni.
La mafia va combattuta con il linguaggio della conoscenza è il monito di Enzo Cuscito, insegnante e nel 2017 vice sindaco di Gioia del Colle, aggredito a bastonate da uomini incappucciati durante un agguato sotto casa in piena mattinata. La scuola educa alla parola per sconfiggere la mafia che si basa sull’omertà quindi la parola è conoscenza dei propri diritti e doveri, pertanto ogni euro investito nella scuola è un euro sottratto alle mafie soprattutto in quelle regioni dove è più alta la densità mafiosa. Fra il pubblico oltre a tanti ragazzi, compresi gli alunni della scuola media Michelangelo, anche tanti docenti, e in prima fila Pinuccio Fazio, il papà di Michele vittima 15enne per sbaglio di un regolamento di conti fra clan mafiosi nella città vecchia del capoluogo.
È stato don Angelo Cassano, referente di Libera in Puglia e sacerdote nella parrocchia di San Sabino al quartiere Japigia a salutarlo calorosamente ricordando che a Bari sono ben dieci le vittime innocenti di mafia che spesso usa la religione per esercitare il proprio potere. La giustizia è invece un valore evangelico e la storia di Peppino Impastato ci racconta questo, ribadisce anche suo fratello Giovanni. “Peppino più che un eroe deve essere punto di riferimento importante per discutere eliminando gli steccati. Solo così potremmo cambiare un mondo nel quale ci sono ancora focolai di mafia che tentano di infiltrarsi alimentati da un clima di negazionismo. Pertanto - ha concluso Giovanni Impastato rivolgendosi ai ragazzi -, la mafia va sconfitta non solo con la memoria e la repressione, ma soprattutto con l’impegno culturale che si traduce in un sano progetto di sviluppo economico e morale che è il lavoro fatto quotidianamente con le associazioni. Siamo sempre in trincea in una lotta giornaliera".
La stessa trincea di cui parla nelle sue conclusioni il segretario generale Cgil Puglia Pino Gesmundo. "Noi sindacalisti, ogni giorno in trincea, dobbiamo imparare a comunicare meglio con i giovani. Come Cgil Puglia - ricorda Gesmundo - abbiamo prodotto un cortometraggio sul caporalato in agricoltura ispirato alla tragica vicenda di Paola Clemente, morta di lavoro. Andando in giro a presentarlo ho percepito quanto sia complicato trasmettere la conoscenza di un fenomeno così arcaico e assieme moderno qual è il caporalato. I ragazzi avevano una idea distorta del fenomeno e in questo la forma cinematografica ha aiutato ad empatizzare e conoscere con il tema. Dico questo perché tra i tanti meriti che vanno riconosciuti a Peppino Impastato, c’è quello di aver compreso che era necessario sì denunciare la presenza mafiosa nella sua realtà, ma andava fatto grazie alla potenza comunicativa della radio e con un linguaggio nuovo, che arrivasse ai giovani".
"Ecco - prosegue il sindacalista -, senza questa presa in carico collettiva del problema mafia, senza anche piccoli gesti quotidiani di ognuno, la mafia non la sconfiggiamo. E nemmeno il mal costume. Abbiamo delle responsabilità e ognuno deve svolgere il proprio ruolo. Noi come sindacato diamo concretezza alle nostre azioni, un esempio è la decisione di investire in formazione per nominare in primis nei luoghi di lavoro pubblici pugliesi un delegato alla legalità. Dobbiamo stare uniti, non aver paura, non dare nulla per scontato, continuare a denunciare e informare perché la mafia è il cancro della nostra società. In Puglia le economie criminali sottraggono alla ricchezza collettiva qualcosa come 5,5 miliardi e mezzo di euro ogni anno, che se recuperati potrebbero significare posti di lavoro, investimenti, miglioramento della qualità della vita e dei redditi".