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I giornalisti iscritti all’ Ordine in Italia sono oltre 112.000 (il triplo di quelli francesi e il doppio di quelli che lavorano nel Regno Unito) ma solo il 45% sono attivi ‘’ufficialmente’’. E solo 1 su 5 (il 19,1% degli iscritti) ha un contratto di lavoro a tempo indeterminato, che gli porta un reddito, in media, 5 volte superiore a quello di un freelance (e 6,4 volte maggiore nel caso dei Co.co.co). Una conferma del crescente divario nei redditi fra i due segmenti della professione.
I giornalisti attivi ‘’visibili’’ (quelli con una posizione all’ Inpgi, l’ istituto di previdenza del settore) continuano ad aumentare: dai 43.300 del 2009 ai 46.243 della fine del 2011. Ma la crescita è dovuta al lavoro autonomo, visto che l’area di quello dipendente continua a restringersi, con un calo dei rapporti di lavoro del 5,1% dal 2008 alla fine del 2011.
Sono alcuni dei dati che emergono da ‘’La fabbrica dei giornalisti’’, l’ aggiornamento del Rapporto sulla professione giornalistica in Italia curata da Pino Rea per Lsdi che verrà presentato la mattina del 30 novembre a Roma, nella sede della Fnsi (Corso Vittorio Emanuele II, 349), alle ore 10,30.
All’ incontro – che per il terzo anno consecutivo farà il punto sulla condizione del lavoro giornalistico nel nostro paese – interverranno, insieme a Franco Siddi e Roberto Natale, segretario generale e presidente della Fnsi, i presidenti degli altri istituti di categoria, Andrea Camporese (Inpgi), Daniele Cerrato (Casagit), Marina Cosi (Fondo complementare) ed Enzo Iacopino (Ordine).
Oltre al processo di contrazione del numero di rapporti, il Rapporto di Lsdi segnala:
- la progressione degli stati di crisi – sono stati trattati solo nel 2011 55 accordi, di cui una decina ancora aperti, relativi a una cinquantina di testate e ai maggiori gruppi editoriali italiani –, con un alto flusso di prepensionamenti;
- il sostanziale blocco del turn over: i praticanti sono scesi da 1.306 del 2009 a 868, mentre dal 2007 al 2011 solo nei tre maggiori gruppi, Rcs, Espresso e Mondadori, sono stati tagliati quasi 3300 posti, il 21% circa del totale.
Una situazione che sta producendo un progressivo invecchiamento della professione e uno squilibrio nel rapporto fra attivi e pensionati che preoccupa gli istituti di categoria.
Il presidente dell’ Inpgi, Andrea Camporese, sottolinea come il rapporto fra attivi e pensionati continui a scendere, passando da 2,58 del 2010 a 2,45 del 2011. Mentre Daniele Cerrato, presidente della Casagit, indica che oggi i pensionati sono il 27% dei soci, mentre nel 2008 erano il 22%.
Tra l’ altro, la maggiore contrazione riguarda il settore dei contratti Fieg-Fnsi – quelli che producono la parte più consistente della massa retributiva -, scesi a 14.951 rispetto ai 15.172 del 2010 (con una diminuzione dell’ 1,46%).
Tratto dal sito di Lsdi