Puntuali come la morte tornano i saldi. Come ogni anno la agognata cuccagna del consumismo apre le sue porte al pubblico osannante e assetato di merce. Con la scusa di rendere meno amaro un anno da dimenticare e di sbaraccare il vecchio "demodé" per passare ai nuovi prodotti, ecco che anche quest’anno “la grande abbuffata” prende ufficialmente il via in tutto il territorio della repubblica. E come ogni anno lunghe file di consumatori rimangono per ore diligentemente in attesa del loro turno fuori dai negozi più griffati per poter accedere alla Paperopoli degli affari come se si trattasse di un esproprio proletario, una enorme Las Vegas che ha concesso a tutti le sue grazie. Che la sagra abbia inizio quindi.
Ma viene da domandarsi qual’è la forza che spinge una persona di normale intelligenza ad aspettare ore in coda per acquistare una borsa di plastica che, fino a qualche giorno prima, veniva venduta a 1500 euro ed ora, come per miracolo, quella stessa plastica viene venduta a 1000 euro, e come si possa pure pensare di concludere un buon affare. Cosa muove quel consumatore a tanta stoica fatica quando quella stessa borsa, della stessa forma e colore, della stessa plastica è in vendita presso un qualunque ambulante ad un decimo del prezzo di saldo? L’illusione. Il plagio delle intelligenze. Nella società dei consumi gli oggetti hanno perso il “valore d’uso” di marxiana memoria, assumono piuttosto un valore legato al segno, un valore semantico convenzionale che connota chi lo possiede e, per questo motivo, nella società dell’avere, dell’apparire, la borsa griffata è segno di legame, di conformità ad una classe, regala l’illusione di appartenere ad una elite ammirata e desiderata.
Le capacità personali, l’intelligenza, la cultura, “l’essere” insomma, è merce rara, difficile da coltivare, faticosa da perseguire, non è per tutti. Per “l’uomo economico” è quindi molto, ma molto più facile comprare la confortante normalità del segno dietro il quale ripararsi dalla inadeguatezza, dall’insufficienza, dall’alienazione, a qualunque prezzo. E' più facile “nascondersi” dietro l’apparenza insomma, “avere” anziché “essere” come diceva Fromm. Sarà forse per questo che molti grandi dell’umanità avevano vestiti logori, scarpe grandi e fuori moda, loro sì che se lo potevano permettere, mentre noi, comuni uomini della strada, non sempre.
Ma la società in cui viviamo ha fatto di meglio, si è trasformata, come un camaleonte si è adattata sviluppando anticorpi che la rendono “liquida”, ha sostituito cioè i principi “forti” su cui poggiavano le coscienze, il male, il bene, la verità, con principi deboli, basati cioè su opinioni, quelle stesse opinioni che possono essere facilmente dettate dal sistema stesso, modificabili, quindi, adattabili secondo convenienza. Il plagio delle coscienze è definitivamente compiuto. Pubblicità e imbonimento hanno democraticamente conquistato la libertà di poter scorrazzare nelle menti dei cittadini, libere da vincoli, principi e sovrastrutture ideologiche.
La società dei consumi può definitivamente e apertamente giocare il perverso ruolo di produrre, al contempo, oggetti fisici e desideri, suggestioni, bisogni fittizi a cui i consumatori aspirano con tutte le loro forze, vittime della loro stessa “macchina desiderante” opportunamente drogata dalla pubblicità. La società dell’abbondanza genera al contempo eccesso ma soprattutto penuria, la mirata carenza cioè di quei beni che diventano oggetto smisurato del desiderio e che, l’uomo consumatore, è disposto a pagare generosamente, senza batter ciglio. I consumatori sono immensi giacimenti di manodopera a basso costo, indefessi lavoratori attivi 24 ore su 24 per 365 giorni l’anno, di giorno nelle fabbriche produttive, di sera e di notte nelle fabbriche del consumo, e senza rappresentanza sindacale, con buona pace del sistema. Il problema vero è che forse non ce ne rendiamo conto.
Ah dimenticavo, buoni acquisti a tutti.
Claudio Donini per www.alfadixit.com