“Dalla spending review non c'è da attendersi nessun tesoretto da destinare a una riduzione delle tasse, ma una razionalizzazione degli apparati dello Stato per non far crescere la spesa, raggiungere l'obiettivo del pareggio di bilancio nel 2013 e mantenerlo negli anni a venire”. A tre settimane dalla consegna a Mario Monti della prima relazione sullo stato dell'arte, la Stampa intervista il professor Piero Giarda, che ridimensiona le attese di quanti invocano sforbiciate di spesa capaci di produrre subito una manciata di miliardi per diminuire le tasse. “Finora il governo – spiega Giarda – non ha annunciato progetti di riduzione della spesa, perché i tagli varati nei passati tre anni, ancora prima dell'intervento sulle pensioni, sono stati molto significativi e dovrebbero esercitare i loro effetti proprio nel 2012 e 2013”.
“Gli interventi sulla spesa – ricorda ancora Giarda – hanno riguardato il blocco degli stipendi pubblici, il blocco parziale delle nuove assunzioni, la riduzione della spesa sanitaria, il taglio delle spese per acquisto di beni e servizi e anche la cancellazione o la drastica riduzione di programmi di finanziamento di enti e soggetti esterni alla pubblica amministrazione. Come risultato, il totale della spesa pubblica dal 2009 al 2013 si presenta costante; circa 727 miliardi di euro al netto degli interessi, un fatto che non ha precedenti nella storia della Repubblica”. Quindi – gli chiedono – ormai è stato tagliato tutto quello che si poteva? “Mantenendo inalterato il confine attuale tra servizi pubblici e privati, si può razionalizzare con tagli o riduzioni della spesa riferite alle amministrazioni centrali, di regioni ed enti locali. Ma nelle quotidiane sollecitazioni, anche autorevoli, vengono posti scenari di maggior rigore. In questa visione, si procede smontando o chiudendo in parte i programmi di spesa esistenti: meno scuole statali, più carceri private, più sanità privata, meno polizia di Stato e più vigilantes, fine dei sussidi al cinema, ai giornali e alla lirica, chiusura dei parchi regionali e così via”.
“Chiudere i centri di produzione periferica e svuotare gli uffici pubblici – conclude Giarda – richiederebbe in primo luogo di licenziare immediatamente un certo numero di dipendenti, e questo non so se lo Stato può farlo. Oppure, e questo è invece ciò che auspico, si tratterebbe di gestire nei prossimi 6 anni, quindi nell'ultimo scorcio della attuale legislatura e in tutta la prossima, i cambiamenti di processo, il turnover dei dipendenti, la chiusura di una quota significativa delle ‘fabbriche’: scuole, università, prefetture, galere, caserme, uffici del lavoro e della motorizzazione, eccetera. Che, distribuite sul territorio nazionale, provvedono all'attuale fornitura di servizi pubblici. Insomma una visione costruita su un programma pluriennale, con obiettivi precisi, diretta a razionalizzare l'offerta di beni e servizi pubblici, eliminando sprechi e inefficienze. Il risultato di scelte consapevoli delle amministrazioni interessate, sostenute dalla mano del governo”.
Giarda, spesa pubblica in calo, ma niente tagli alle tasse
10 aprile 2012 • 00:00