PHOTO
È stato uno dei luoghi commerciali simbolo del benessere e dello stile, della qualità e dell’assistenza al cliente, della cura del dettaglio, dei grandi marchi, nonché dell’opportunità occupazionale in quella che sempre è stata considerata una grande e solida azienda italiana. La Rinascente di Genova è un’azienda che ha origini antiche, affonda le sue radici nella seconda metà del 1800, per arrivare, nel 1917, a chiamarsi La Rinascente per l’idea del poeta Gabriele D’Annunzio. Cent'anni di storia, che inizia tutta “made in Italy” per diventare una società per azioni, e che dal 2010 vede l’ingresso di capitali stranieri. Premiata nel 2016 come miglior department store al mondo, inaugura a ottobre 2017 il secondo grande magazzino della Capitale in un palazzo di otto piani completamente ristrutturato. Per tenere in vita il negozio di Genova però, “non ci sono le palanche” (diremmo a Zena) e così il 9 novembre appena trascorso, è arrivata la brutta notizia direttamente ai lavoratori, nonostante un incontro nazionale fosse avvenuto pochi giorni prima, e una richiesta di incontro da parte delle organizzazioni sindacali territoriali non avesse ancora ricevuto risposta.
La città rischia di perdere un negozio dalle origini antiche, che affonda le sue radici nella seconda metà del 1800
A Genova si “scade”, e la chiusura è prevista a novembre 2018, data che coincide con la fine del contratto d’affitto con Banca Carige per l’utilizzo dei locali. Ma il problema non è questo. “A luglio abbiamo avuto un incontro a livello territoriale con la direzione del personale e del punto vendita in cui ci veniva illustrato un andamento economico in miglioramento, se pur evidenziando alcune criticità – racconta Nicola Poli, funzionario della Filcams Cgil di Genova che segue il settore e il punto vendita interessato, insieme al segretario Aurelia Buzzo. “In quella sede – continua – chiedemmo rassicurazioni sulla permanenza dell’attività, considerando che la scadenza dell’affitto dell’immobile era datata novembre 2018. Chiedemmo all’azienda di intavolare una discussione con la proprietà (Banca Carige, ndr) per una rinegoziazione del canone e la risposta era stata rassicurante rispetto alla permanenza in città, tanto che ci saremmo dovuti rivedere proprio a ottobre 2017. In questo contesto, ci ha lasciato ovviamente sbalorditi la dichiarazione da parte di Carige di non aver più avuto contatti con La Rinascente dal lontano 2013, se non a oggi per aver ricevuto formale disdetta di locazione dell’immobile”.
Il caso approda sia in consiglio comunale che regionale nelle sedute di martedì 14 novembre; il 27 novembre i sindacati incontrano il capo del personale, dal quale non ricevono spiragli di apertura, e nuovamente esprimono la necessità di poter incontrare l’amministratore delegato del gruppo in Italia; martedì 5 dicembre è previsto invece un incontro tra Regione Liguria, Comune di Genova e i vertici La Rinascente, al quale i sindacati hanno richiesto ufficialmente di partecipare: perché se la richiesta è atto formale, la rappresentanza sindacale ha tutto il diritto di far sentire la propria voce. La motivazione che l’azienda mette sul tavolo è quella secondo cui Genova sarebbe una “piazza poco appetibile” dal punto di vista commerciale. E allora, secondo lo spietato meccanismo del profitto, vanno in scadenza anche quei 59 dipendenti diretti che già da cinque anni masticano amari contratti di solidarietà (ammortizzatori sociali pagati dalla collettività di cui l’azienda ha usufruito, vista la non prospettiva attuale, senza una concreta volontà di tenere in piedi il negozio); a loro bisogna aggiungere una sessantina di lavoratori che operano indirettamente per La Rinascente e che quindi potrebbero fare la stessa fine degli altri al momento della chiusura. Dentro al negozio, infatti, ci sono decine di corner di grandi marchi, un parrucchiere e un bar, e al suo interno operano per ovvi motivi anche gli appalti per il servizio di pulizie e di vigilanza.
“La battaglia per La Rinascente di Genova – prosegue Poli – è una battaglia di tutta la Filcams. I cento e più lavoratori su cui pende la spada di Damocle della chiusura del negozio storico appartengono tutti ai vari settori di cui ci occupiamo, e il nostro richiamo sarà quindi all’unità di tutti i lavoratori interessati, ma non solo. Perché deve essere chiaro che la solidarietà tra lavoratori è necessario praticarla, e fondamentale sarà il coinvolgimento di tutti, compresa la cittadinanza, nelle iniziative che abbiamo dichiarato unitariamente alle altre organizzazioni di categoria, a partire dalle 32 ore di sciopero da articolarsi nel momento più caldo dello shopping natalizio. Durante il black friday di venerdì 24 novembre abbiamo dimostrato unitariamente di iniziare questa nostra battaglia in modo incisivo e lo abbiamo fatto attraverso un primo sciopero, riuscitissimo e dal buon riscontro mediatico. Il primo tra quelli che ancora ci saranno se la posizione dell’azienda resterà quella attuale”, conclude Poli richiamando all’unità.
Nonostante gli scioperi e le proteste degli ultimi giorni, l’azienda sembra ferma nel suo intendimento di disfarsi della piazza genovese. I rappresentanti sindacali hanno quindi chiesto di poter incontrare direttamente l’amministratore delegato del gruppo in Italia. Intanto domani (5 dicembre) a Genova si svolgerà l’incontro fissato dal presidente della Regione Giovanni Toti e dal sindaco Marco Bucci sulla vertenza, al quale parteciperà l’amministratore delegato Italia e a cui i sindacati hanno più volte richiesto di partecipare. Qualche spiraglio potrebbe esserci considerando alcuni dati riguardanti il punto vendita genovese, evidenziati da tutte le organizzazioni sindacali territoriali: fatturato in crescita del 3,8% su base annua, aumento del volume delle vendite pari al 4,8%, la riduzione di un terzo della passività dai 700 mila euro del 2012 ai 230 mila del 2017.
Viviana Correddu è funzionaria della Filcams Cgil Genova