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Nonostante gli sforzi di ottimismo, nel Comunicato finale della loro riunione svoltasi a Cairns, in Australia, il 20 e 21 settembre scorsi, i Ministri delle Finanze e i Governatori delle Banche Centrali dei paesi del G20 non possono nascondere la continuazione di un alto livello di fragilità, di un'altissima disoccupazione, di acclarate diseguaglianze che caratterizzano, ormai da almeno 6 anni, la situazione economica globale.
In questo quadro, Ministri e Governatori continuano a propagandare “misure coordinate” che consentirebbero di aumentare la crescita dei paesi G20 di oltre il 2% di PIL rispetto alle tendenze ordinarie entro il 2018. Ma gli studi del Fondo Monetario Internazionale e dell'OCSE, richiamati per sostenere la praticabilità di questi impegni, non forniscono alcun dettaglio concreto e mostrano di “puntare” su ulteriori liberalizzazioni del commercio internazionale e sugli investimenti privati in infrastrutture, la cui “incentivazione” è stata uno dei temi centrali del vertice.
Meno attenzione è stata data ad uno dei temi che aveva dominato la precedente riunione di febbraio, quello delle ricadute negative sulle economie emergenti e in via di sviluppo della progressiva eliminazione delle politiche monetarie di Quantitative Easing da parte delle Fed americana. Così come, pur essendo l'Argentina uno dei paesi del G20, sembra non si sia affrontato il tema di un meccanismo per affrontare le ricorrenti crisi del debito, a pochi giorni da una risoluzione delle Nazioni Unite – osteggiata da molti paesi occidentali – per negoziare “un quadro legale multilaterale per la ristrutturazione del debito sovrano”. Il Comunicato (vedi la traduzione in allegato) enfatizza il sostegno e i passi avanti compiuti nel progetto – gestito dall'OCSE – per un sistema standardizzato e automatico di scambio delle informazioni fiscali tra i diversi Stati, in modo da combattere più efficacemente l'evasione fiscale “transfrontaliera”.
Ma diversi analisti – tra cui l'osservatorio Eurodad, network di 47 Ong europee “specializzato” in debito e sviluppo – notano i limiti e i “buchi” del sistema proposto: scarsa trasparenza, non accesso al pubblico, mantenimento riservato, da parte delle imprese multinazionali, di informazioni “commercialmente sensibili”, per non parlare del fatto fondamentale che si tratta di regole decise nel ristretto club delle 44 economie maggiormente sviluppate (i 34 paesi aderenti all'OCSE, più altri, che non comprendono, però, i BRICS), dove spesso si annidano i “paradisi fiscali”, mentre tra le maggiori vittime dell'evasione fiscale “globale” sono proprio i paesi in via di sviluppo e a reddito più basso. Lo stesso progetto BEPS (Erosione della base imponibile e slittamento dei profitti) – sempre gestito dall'OCSE – è stato nuovamente enfatizzato e l'Organizzazione parigina ha presentato alcuni dossier sul Piano d'Azione già reso noto lo scorso anno. Ma, al momento, passi avanti concreti per evitare la “doppia non tassazione” delle Multinazionali – come la stessa OCSE l'ha definita – non ne sono stati indicati dai partecipanti al vertice.
Il Comunicato , naturalmente, rimanda le decisioni finali al prossimo Vertice dei Capi di Stato e di Governo (a Brisbane, nella seconda metà di novembre). Sarà in quella occasione che si vedranno gli eventuali concreti avanzamenti sugli investimenti infrastrutturali (per i quali i governi sono invitati ad investimenti pubblici che attraggano investimenti privati – ma solo l'1% del portafoglio attuale degli investitori istituzionali è impiegato in infrastrutture …) e sui lentissimi passi in materia di regolazione delle istituzioni finanziarie e, in particolare, delle cosiddette “too big to fail” che nel frattempo, dall'inizio della crisi, secondo dati FMI, si sono ingigantite ancor di più!
Il Comunicato si conclude con l'ennesimo invito agli Stati Uniti a ratificare le decisioni – prese nel 2010 – per la riforma delle quote e della governance del Fondo Monetario, troppo dipendente da americani ed europei a scapito delle economie emergenti e in via di sviluppo. Nel frattempo, come noto (ma di questo non c'è traccia nel Comunicato) i BRICS si sono dotati di una loro Banca di Sviluppo “alternativa” alla Banca Mondiale e a certe funzioni del FMI. Come noto, pochi giorni prima (10 e 11 settembre) si erano riuniti a Melbourne il Ministri del Lavoro del G20.
La Dichiarazione finale riprende molte indicazioni dei tre precedenti vertici ministeriali e conferma, a parole, la centralità dell'impegno per creare occupazione di qualità. La novità, forse, consiste nell'allegare alcune indicazioni più specifiche rispettivamente su: politiche prioritarie per evitare che la disoccupazione diventi strutturale; politiche prioritarie per creare migliori posti di lavoro; luoghi di lavoro più sicuri e salubri; politiche per aumentare la partecipazione femminile, la qualità e l'eguaglianza del lavoro delle donne. Ancora una volta si tratterà di vedere quanto delle buone intenzioni dei Ministri del Lavoro verrà recepito dai Capi di Stato e di Governo e, ancor più (cioè meno …) quanto verrà realmente implementato.
*Coordinatore Dipartimento Politiche Globali Cgil