PHOTO
Un appello a lavorare sulle “cose che ci uniscono e che ci debbono portare ad avere capacità di sintesi tra di noi”. Lo ha lanciato Anna Maria Furlan, intervenendo alla Conferenza di programma della Cgil in corso a Milano. “Lo dobbiamo alle lavoratrici e ai lavoratori, ai giovani del nostro paese”, ha aggiunto il segretario generale della Cisl, in un discorso tutto incentrato sul rapporto tra sindacato e nuove tecnologie, tra rappresentanza del lavoro e digitalizzazione e innovazione del medesimo.
“Bisogna guardare avanti. È un atteggiamento che dobbiamo ricordarci di tenere ogni giorno. In un paese che non riesce a programmare il suo futuro, che ha grandi difficoltà”, ha detto Furlan ricordando che “il cambiamento della digitalizzazione è veloce, sta accelerando le sue forme e ci costringe a non indugiare, a osare da subito, a mettere in campo nuove tutele per chi lavora”. “Essere veloci – ha spiegato il segretario generale della Cisl – deve essere una costante del sindacalismo italiano, per essere autorevoli e incisivi. Arrivare in ritardo con idee buone non serve”.
“Dobbiamo creare un clima sociale attento e favorevole. Il cambiamento tecnologico non è di per sé cattivo, non farà sparire il lavoro, sta a noi riuscire a governarlo e contrattarlo. Non dobbiamo essere né tecnofobi né amanti del nuovo. Dobbiamo essere sindacalisti che studiano e gestiscono il cambiamento” per “individuare i veri nodi ed essere su questi portatori di proposte importanti”, ha aggiunto Furlan.
“La grande trasformazione che il lavoro sta subendo ci riporta al nostro più antico mestiere: contrattare il lavoro. Su queste basi è cresciuto il sindacalismo italiano. Dagli anni Cinquanta i nostri padri e le nostre madri hanno fatto della contrattazione la leva principale” dell’attività sindacale ed “è a quel modo di fare sindacato che dobbiamo ispirarci”, ha proseguito Furlan sottolineando come i lavoratori nelle nuove realtà digitali e tecnologiche si sentano “soli” e siano “desiderosi di risposte e soluzioni”. Perché “il cambiamento sta riportando al centro un forte bisogno di sindacato”, ha detto il segretario della Cisl elencando alcune “vertenze paradigmatiche” esplose nelle ultime settimane: Amazon, Ikea, Ryanair. Situazioni che mostrano come “anche dove l’economia ha creato modelli di business nuovi occorre tutelare meglio il lavoro”.
Torna dunque “un bisogno di sindacato originario, capace di stabilire per tutti una giusta retribuzione e condizioni di lavoro dignitose”. Se “il lavoro digitale sembra voler rompere certezze consolidate su cui abbiamo costruito una lunga stagione di risultati”, allora è necessario “rifondare il diritto e la contrattazione” “attorno ai principi fondamentali di uguaglianza”.
La “prima sfida” riguarda “il grande cambiamento nella misurazione della tutela del tempo di lavoro”, ha detto Furlan. “Finora abbiamo difeso il lavoro misurandolo nel tempo e nello spazio, come indica il concetto di paga oraria, ma come facciamo a riconoscere e remunerare il lavoro da remoto?”. Fino a oggi la paga oraria è stata “centrale per definire un’equa retribuzione”, ma “come riconosciamo e remuneriamo il lavoro oggi? Cosa capiterà alle tante pagine di contratti che definiscono e regolano la gestione degli orari se non sapremo coniugare anche per i nuovi lavoratori la nostra tutela e rappresentanza? È una sfida che va alle radici della difesa del lavoro. Sostituire la retribuzione a ore con una per competenze che misuri con equità il valore delle prestazioni lavorative non sarà facile – ammette Furlan –, ma se non avremo innovazione su questo, rischiamo di rivenire irrilevanti per la vita di molti”.
Il segretario generale della Cisl si è poi soffermato sulla “questione centrale” della privacy dei lavoratori, ricordando la necessità di “regole e tutele adeguate”. E ha invitato a “raccogliere le esigenze di rappresentanza e tutela dei lavoratori delle piattaforme digitali: persone che facciamo fatica a incontrare. Dobbiamo innovare gli strumenti di rappresentanza anche per loro”.
Prosegue Furlan: “Non pensiamo che a un nuovo lavoro che nasce debba servire per forza una nuova tipologia contrattuale. Le migliori tutele al lavoro che ancora mancano non derivano da nuove leggi o nuove tipologie contrattuali, possono derivare da nuove soluzioni contrattuali più flessibili e personalizzabili”. Ma “se vogliamo evitare un confronto solo legislativo su questi temi, i sindacati italiani devono mettere in campo un profilo nuovo e più adatto”.
“Abbiamo ancora oggi – ha detto il leader Cisl alla platea della Cgil – una struttura di categorie verticali suddivise per settori merceologici, in parte ancora valide, in parte figlie di un modo di produrre che sta cambiando. Le categorie sono il grande pilastro del sindacalismo italiano, ma il loro futuro passa anche per la capacità di interpretare un lavoro sempre più distinto e nuovo”.
Da qui l’appello alla Cgil sulla riforma del modello contrattuale che in questi giorni dovrebbe essere discussa tra confederazioni e Confindustria: “Dobbiamo concludere insieme la trattativa per la riforma dei contratti – ha detto Furlan –. Siamo partiti insieme e dobbiamo arrivarci insieme uniti e raggiungere così la meta, perché fuori c'è un mondo che si sta frantumando e noi abbiamo il dovere di fare sintesi”. “Con Confindustria siamo partiti un anno e mezzo fa, dopo aver fatto sintesi tra di noi, un anno e mezzo di lavoro sapiente e intenso che ha richiesto tanta pazienza”. Adesso, conclude il segretario generale della Cisl, “dobbiamo andare avanti e raggiungere la metà insieme per il bene comune di donne e uomini che lavorano”.