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Gli oltre 20mila posti persi dal 2009 non sonol’unica emergenza del Friuli Venezia Giulia. Ad aggravare il quadro del mondo del lavoro nella regione, che ancora non registra veri segnali di ripresa, c'è la frenata o il blocco vero e proprio dei rinnovi contrattuali. Il fenomeno non riguarda solo i settori pubblici, dove i contratti sono fermi dal 2009, ma anche in molti comparti privati.
Lo conferma la Cgil regionale, che parla di 149mila lavoratori con un contratto già scaduto solo in Friuli Venezia Giulia, cui se ne aggiungeranno altri 59mila con la fine del 2015, per un totale di 208mila lavoratori in attesa di rinnovo.
A fornire queste cifre è il segretario Franco Belci, nel corso di un direttivo a Udine. “Stiamo entrando – ha affermato – nel pieno di una stagione contrattuale di straordinaria importanza, sia per il numero dei settori coinvolti, l’intero pubblico impiego e molti tra i principali comparti privati, dalla metalmeccanica alla grande distribuzione, sia per la forte perdita del potere d’acquisto che hanno subito i salari durante la crisi, con punte superiori al 10%. Invertire questa tendenza e avviare una fase di recupero non risponde soltanto a ragioni di equità, ma è anche una condizione indispensabile per far ripartire i consumi interni, l’economia e l’occupazione”.
Tornando al lavoro, le cifre confermano che una vera ripresa è lontana. A dirlo un’occupazione scesa al picco minimo da oltre dieci anni a questa parte (497mila occupati l’ultimo dato, contro i 519mila del 2007) e l’assenza di segnali di un deciso recupero, con una cassa integrazione scesa solo del 22% e un andamento tendenziale degli occupati addirittura negativo rispetto al 2014. “Ma a questo si aggiunge anche la preoccupazione per il fenomeno del cosiddetto lavoro povero, legato alla precarietà, alla forte diffusione dei contratti part-time, che in regione sono 75mila, pari a un dipendente su 5, e appunto al mancato rinnovo dei contratti”.
In questi numeri, c'è anche l’importanza di una stagione contrattuale tra le più difficili di sempre, a causa della crisi e delle divergenze con Confindustria sul modello contrattuale. “In tempi di crisi – ha detto Belci – il problema non è aggiornare gli indici di inflazione: la questione va affrontata con la ridefinizione complessiva delle relazioni industriali, basata sulla partecipazione, sulle regole, sulla riduzione del numero dei contratti . Il sindacato ha il dovere di tenere accesa la candela e la conclusioni positiva dei contratti dei chimici e di Confcommercio è la dimostrazione che la partita si può vincere. Anche a prezzo di dure battaglie, come quella che stanno portando avanti i lavoratori della grande distribuzione, che il 19 dicembre torneranno a scioperare”.
Un contributo importante potrà arrivare dalla contrattazione integrativa, che secondo il sindacato va rilanciata ed estesa, ma non può essere sostitutiva di quella nazionale. “E' nostra intenzione – ha detto il segretario Cgil – aprire sul territorio un confronto con le associazioni imprenditoriali per verificare se ci sono margini per trovare soluzioni che le smarchino da una Confindustria nazionale sempre più schiacciata sulle posizioni del Governo e da una regionale con la quale c’è una totale assenza di relazioni e il cui presidente si segnala per la sua assenza sul territorio”.