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"I dati sul mercato del lavoro confermano che l’occupazione non riparte. L’altra grande emergenza riguarda la precarietà e i salari, fermi da troppi anni, e non solo nel lavoro pubblico. Dei 360mila lavoratori dipendenti di questa regione, infatti, oltre 211mila hanno il contratto nazionale scaduto, quasi il 60%". È un doppio Sos, quello lanciato dal segretario generale della Cgil del Friuli Venezia Giulia, Villiam Pezzetta, in occasione del direttivo regionale del sindacato, riunitosi a Udine per discutere di contratti, della Finanziaria 2017, di pensioni e della situazione economico-occupazionale della regione.
"Il quadro resta difficile – dichiara il segretario – e di sicuro non induce all’ottimismo una finanziaria nazionale che, per quanto è dato saperne, appare più una sommatoria di bonus e interventi spot che uno strumento per il rilancio del Paese". A rafforzare le preoccupazioni della Cgil Fvg per la situazione del mercato del lavoro – "41mila disoccupati e 21mila posti persi dal 2008, in una platea di lavoratori che conta 40mila under 35 in meno rispetto a 8 anni fa", sintetizza il segretario – la riforma degli ammortizzatori sociali, che con il 2017 vedrà paletti temporali più rigidi sulla cassa integrazione e la scomparsa dell’indennità di mobilità, sostituita in toto dalla Naspi (nuove indennità di disoccupazione). Tra i settori più esposti, in questa fase, il comparto bancario, con in primo piano l’agonia della Hypo e le situazioni di Popolare di Vicenza e Veneto Banca: almeno 500, secondo la Cgil, i posti a rischio in regione.
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"In questo quadro generale – spiega Pezzetta – rinnoviamo l’invito alla Regione ad accelerare sull’attuazione di Rilancimpresa, che fin qui non sembra aver prodotto risultati apprezzabili, e a ogni altro stumento in grado di produrre crescita e lavoro. Compresi nuovi percorsi di ricollocamento e formazione per i lavoratori licenziati, il cui numero è destinato ad aumentare man mano che si esaurirà la copertura della cassa integrazione straordinaria".
Ma la disoccupazione, come detto, non è l’unica minaccia. Cresce infatti anche la piaga del lavoro povero. E non soltanto a causa dell’espansione del precariato, testimoniata dai 4,3 milioni di voucher venduti tra gennaio e agosto (+30% sul 2015). A pesare sul mondo del lavoro ci sono anche i ritardi nel rinnovo dei contratti: "A livello nazionale quelli scaduti sono 52 e riguardano 9 milioni di lavoratori dipendenti, in Fvg ben 211mila lavoratori: la totalità degli 85.000 del pubblico impiego e 136.000 nell’ambito del lavoro privato", spiega Pezzetta. Non senza una stoccata a Confindustria: "Se il leader degli industriali Boccia propone al sindacato un 'patto per la fabbrica' e sostiene che non bisogna delegittimarsi a vicenda, noi rispondiamo che la prima condizione per non delegittimarsi è rinnovare i contratti. Sappiamo che gli industriali vorrebbero spostare maggiormente il peso sulla contrattazione aziendale, che però attualmente riguarda non più del 30% dei lavoratori, specie in una realtà a forte presenza di piccole e micro aziende come quella regionale. Il contratto nazionale, quindi, resta una garanzia irrinunciabile".
L’altra stoccata è per Federdistribuzione, "che è uscita dal contratto Confcommercio – ricorda Pezzetta – e propone un rinnovo irricevibile, perché a fronte di aumenti risibili pretende come contropartita flessibilità totali". Flessibilità tra le quali anche "quelle aperture festive sulle quali la grande distribuzione, in spregio alla legge regionale, intende provocatoriamente insistere, minacciando nel contempo richieste di risarcimento dei sindaci nei confronti dei sindaci", spiega ancora Pezzetta, che rivolge un appello ai lavoratori: "Il sindacato è stato in prima linea su questo versante, e anche la Regione ha fatto la sua parte. Adesso tocca ai lavoratori: le condizioni per una mobilitazione massiccia, dal contratto al lavoro festivo, ci sono tutte".
Tra i contratti in pendenza anche quello dei 14mila dipendenti del comparto unico: "L’intesa sull’incremento salariale c’è – spiega Pezzetta – ma va definita la distribuzione di questo aumento tra parte fissa e salario accessorio. La distanza è esigua e bisogna fare l’ultimo sforzo per superarla, chiudendo un rinnovo che può essere un segnale importante per tutti i contratti pubblici nazionali. Contratti sui quali la Finanziaria, dopo sette anni di blocco, stanzia appena 900 milioni".