"Esistono i margini per evitare di applicare meccanicamente le scelte del Governo, rispondendo con un’operazione alta di riordino complessivo delle competenze della Regione e delle autonomie locali". A sostenerlo è la Cgil Fvg, che con il segretario generale Franco Belci esprime la propria posizione sul riordino delle province. "Una posizione – spiega Belci – che è il frutto di un ragionamento articolato, nella consapevolezza che la materia dovrà essere oggetto di un nuovo intervento legislativo".

No a un’operazione meramente contabile di taglio destinata a produrre pochi risparmi, sì a un riordino complessivo del sistema delle autonomie. Questo il senso della proposta presentata in commissione dalla Cgil, che in ogni caso critica le "fughe in avanti» della Giunta: "Il Presidente – dichiara Belci – ha percorso contemporaneamente diverse strade alternative, senza spiegare cosa sarebbe necessario fare sia in caso di taglio che di mantenimento delle attuali province. Fumosa anche l’ipotesi di una macroregione del Nord, utile solo a distrarre l’attenzione dai guai giudiziari di Formigoni, e impercorribili le nuove acquisizioni territoriali teorizzate dall’assessore De Anna per salvare la sua provincia di provenienza".

Per la Cgil le soluzioni sono altre: "Noi crediamo che questa sia l’occasione per trasferire le tante competenze amministrative in mano alla Regione a un livello più vicino al cittadino, cioè ai Comuni e agli eventuali enti di area vasta. Tutto questo di pari passo con un processo di aggregazione dei Comuni, volto a produrre economie di scala e a fornire ai cittadini servizi più efficaci, e di riforma della pubblica amministrazione regionale".

La Cgil, da parte sua, esprime una "piena disponibilità a partecipare alla riorganizzazione del sistema". Impensabile, secondo Belci, un processo di riforma che non veda coinvolto il personale, così come un riordino che cancelli il comparto unico: "Il Comparto, con la conseguente perequazione di trattamento tra i dipendenti della Regione, delle province e dei comuni, rende oggi possibile una mobilità del lavoro qualunque sia la soluzione istituzionale che si vorrà definire. Quanto ai costi, già oggi la parte economica del contratto regionale prevede le stesse regole di fissate per i rinnovi nazionali, dalle percentuali di aumento al blocco della contrattazione fino al 2015. Ma sarebbe sciocco, in vista della riforma da varare, rinunciare alle possibilità che il comparto rende possibili sul fronte del trattamento giuridico e sulla parte variabile del salario".