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Nel diario del lavoro agricolo in Puglia, dove ogni anno sono riportati i fenomeni di sfruttamento, sottosalario, accoglienza nei ghetti - fino alle pagine drammatiche del 2015 segnate dalla morte di tre braccianti nei campi – un segnale positivo in termini di contrattazione e rivendicazione dei diritti negati arriva dalla provincia di Foggia. Caso forse unico in Italia in cui una Op, sigla che sta per organizzazione di produttori, a seguito di una denuncia della Flai Cgil ha espulso un suo associato per non aver pagato i quattordici braccianti avuti alle dipendenze per quattro giornate, “e cosa più importante – commenta il segretario generale della Flai provinciale Daniele Calamita – stabilendo una sorta di responsabilità etica in solido con gli associati, la stessa Op ha provveduto essa stessa a rimborsare delle spettanze dovuto i lavoratori, tutti di origine centroafricana”.
Un precedente importante, per il segretario della Flai di Capitanata, terra dell’oro rosso e di sfruttamento del lavoro migrante e italiano, “considerando che l’azienda in questione si era rivolta ai caporali per assumere i quattordici braccianti, che dopo le quattro giornate a raccogliere pomodoro stati cacciati senza spiegazioni e senza la dovuta retribuzione”.
I lavoratori africani si sono così rivolti alla Flai di Foggia e hanno dare mandato per la denuncia. “Abbiamo così segnalato alla Op Mediterraneo, cui era associata l’azienda in questione, l’avvio della procedura di recupero delle retribuzioni, per un totale di oltre 2.800 euro complessive”.
La Op Mediterranea, pur sottolineando come in fatto di diritto sia estranea al rapporto di lavoro intercorso con l’azienda associata, “richiamando principi di eticità e di rispetto delle leggi si è detta disposta a pagare i lavoratori in sostituzione dell’impresa”, provvedendo poi tramite azione legale al recupero delle somme. “Crediamo sia una strada da seguire per contrastare i fenomeni di sfruttamento e caporalato, tenendo presente il ruolo che svolgono le organizzazioni di produttori: riconosciute dal ministero delle Politiche agricole, sono percettori di finanziamenti comunitari che poi girano agli associati. È sempre importante la denuncia dei lavoratori e l’azione ispettiva, ma è bene che il legislatore cominci ad aggredire le fonti di introito delle imprese, a partire dai finanziamenti pubblici che spesso la Comunità europea e lo Stato destinano a imprese che violano i contratti, evadono fisco e previdenza, agiscono nella più totale illegalità”.