“Prendere 110 e lode, a 28 anni, non serve a un fico”, così ha esordito il ministro del Lavoro, Giuliano Poletti, in un’altra delle sue assurde dichiarazioni a Verona ai tanti studenti presenti alla convention di apertura di Job&Orienta. Avrebbe risolto così, lui, sostenendo che studiare non serva". Così la Flc Cgil, in una nota.
“Sono affermazioni sconcertanti e assolutamente diseducative, perché figlie della falsa ideologia della conoscenza 'utile' e dell’illusione di un mondo del lavoro, delle imprese, accogliente e flessibile – afferma il segretario generale Domenico Pantaleo –. In un Paese dove il lavoro manca, cresce la povertà e l'esclusione sociale nel Sud, la disoccupazione giovanile è tra le più alte d'Europa, il precariato dilaga, le imprese non assumono laureati perché non investono in ricerca e innovazione, e manca una seria legge sul diritto allo studio, il ministro del Lavoro scopre una ricetta miracolosa, sostenendo che studiare non serva”.
“Basta laurearsi o diplomarsi più presto possibile – continua Pantaleo – in modo che si possa entrare prima nel mondo del lavoro e cosi, secondo il Ministro, si risolvono tutti i problemi. Sembra, insomma, che per il Governo la Scuola e l’Università non debbano più essere luoghi di formazione e cultura ma debbano semplicemente “addestrare i giovani a approcciarsi il prima possibile al lavoro a qualsiasi condizione e rinunciando a una istruzione all'altezza dei tempi” – ha incalzato Pantaleo.
“Naturalmente, ciò vale solo per i ragazzi in condizioni economiche disagiate, in quanto tutti gli altri troveranno aperte le porte di un’istruzione adeguata, che li possa far accedere alle professioni che desiderano. In pratica, il prossimo passo sarà l'abolizione del valore legale del titolo di studio; il chè, porterà al definitivo trionfo del mercato, anche nei sistemi d'istruzione e formazione. È esattamente questo l'impianto della legge Giannini-Renzi sulla 'brutta scuola', e dei provvedimenti che si annunciano per le università – conclude Pantaleo –. Più che a ricette miracolistiche, dunque, le dichiarazioni di Poletti inducono a pensare che siamo di fronte a scelte regressive. Occorre cambiare percorso e individuare scelte che valorizzino il sapere e la conoscenza, come occasioni di crescita, individuale, collettiva e del Paese intero, garantite a tutti, per superare le disuguaglianze sociali".