“La volontà di rafforzare la disciplina amministrativa e penale di contrasto ai reati agroalimentari, con lo scopo di difendere il Made in Italy, non solo è un obiettivo condivisibile ma necessario per difendere le filiere produttive di qualità e i posti di lavoro collegati ad esse. Nonostante ciò siamo convinti che difendere il Made in Italy sia possibile solo se si coniugano legalità, qualità dei prodotti e rispetto dei diritti dei lavoratori”. Lo dichiara Stefania Crogi, segretario generale Flai Cgil Nazionale.
“Nelle linee guida presentate oggi dal presidente Caselli, a nome della commissione istituita presso il ministero della Giustizia, si individuano strumenti di prevenzione e repressione fondamentali: dall’istituzione del reato di agropirateria a regole più chiare per la trasparenza e la difesa della tipicità dei nostri prodotti e delle nostre filiere. C’è però un grande assente nel merito delle linee guida presentate, ovvero quali strumenti il governo intende mettere in campo per liberare il mondo agricolo da fenomeni quali il caporalato, il grave sfruttamento lavorativo e il lavoro nero, che rischiano di recare un danno economico e d’immagine al nostro Made in Italy ben superiore agli altri fenomeni di illegalità presenti all’interno della filiera agroalimentare", attacca Crogi.
Apprezzando la volontà, sottolineata prima dall’intervento del ministro Orlando e poi dal ministro Martina, "di dare vita ad un percorso aperto e condiviso per poi tradurre le linee guida presentate oggi in una proposta di legge – continua la sindacalista –, pensiamo che il sindacato debba dare il suo contributo. Per tale ragione faremo pervenire ai due ministeri e alla commissione incaricata di redigere l’articolato le nostre valutazioni di merito, nonché la proposta di inserire nel futuro disegno di legge un rafforzamento della disciplina di contrasto al caporalato (603 bis c.p.) e un regime di tutela per i lavoratori vittime di tratta e di grave sfruttamento lavorativo, e in taluni casi perfino ridotti in schiavitù".
"La battaglia per l’affermazione della legalità – continua Crogi – è prerequisito per fare diventare l’agroalimentare Made in Italy leva per un modello di sviluppo economico basato sulla qualità dei prodotti e l’affermazione dei diritti, affinché non accada mai più quanto successo a Mohamed, bracciante sudanese che la settimana scorsa ha perso la vita nei campi tra Nardò e Avetrana a causa delle condizioni di sfruttamento lavorativo disumano cui era sottoposto”.
Flai Cgil: bene reato agropirateria, ma non basta
27 luglio 2015 • 00:00