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Il sindaco di Firenze Nardella ha parlato di “danno sproporzionato” e di “autogol clamoroso”. Il sottosegretario Angelo Rughetti (Pd) addirittura di “irresponsabilità e irriverenza nei confronti dei cittadini”, fino alla “follia” tirata in ballo dal senatore, anche lui Pd, Andrea Marcucci. Ma a seguire bene i contorni della vicenda, avendo ben presente che si parla della vita e del futuro di 300 persone e delle loro famiglie, la “follia” e l’“irresponsabilità” sembrano proprio stare altrove.
La storia è quella dello sciopero indetto dai lavoratori dei musei statali di Firenze per il weekend di Pasqua con l’obiettivo dichiarato di spingere il ministro Franceschini a trascrivere l'impegno verbale sull'inserimento nel prossimo bando di gara della clausola sociale, quella norma che impegna chi vince un appalto a riassumere la stessa forza lavoro con gli stessi diritti retributivi. Perché negli appalti, è cosa nota, al ribasso si gioca sulla pelle dei lavoratori, non sui guadagni delle imprese.
Dal 1998 a oggi la Società Opera Laboratori, da cui dipendono i 300 lavoratori che hanno annunciato lo sciopero e che hanno per lo più contratti a tempo indeterminato, con gli scatti che l'anzianità di servizio ha riconosciuto loro fino a oggi, gestisce i servizi aggiuntivi dei 17 musei statali di Firenze, tra i quali gli Uffizi e l'Accademia. La riforma Franceschini, anche nell'ottica di una maggiore trasparenza e correttezza, prevede che questi servizi vengano messi a bando.
Il rischio concreto, molto concreto, è che l'azienda che dovesse vincere la gara, non vincolata al mantenimento di questo team di lavoratori, ne assumerà nuovi con contratti meno onerosi. E per i 300, dopo più di 15 anni di servizio, si profilerebbe all’orizzonte un futuro nero.
Il 6 febbraio scorso, il ministro Franceschini in persona incontrando i lavoratori della Società Opera, aveva riconosciuto l'opportunità di inserire la clausola di salvaguardia nel bando per dare loro garanzie occupazionali. “Il Mibac però nei giorni scorsi ha diffuso una nota sulle modalità del bando nella quale non si fa alcun cenno alla clausola – spiega Massimiliano Bianchi, segretario generale Filcams di Firenze –. Normale quindi che davanti alla prospettiva di perdere il posto di lavoro e per molti di loro l'unica fonte di reddito familiare, i lavoratori abbiano individuato nello ‘sciopero pasquale’ la formula di mobilitazione per spingere il ministro a rispettare la promessa fatta”.
Certo che le dichiarazioni di queste ore e l'insistenza con cui il ministro oggi rimanda a chissà quando la formulazione nero su bianco di quella promessa fanno legittimamente sorgere più di una preoccupazione e lasciano perplessi. Come se davvero fosse ormai normale nel nostro paese puntare al risparmio licenziando e tagliando su retribuzioni di 1.200 euro al mese e non, piuttosto, occuparsi dei miliardi che spariscono per corruzione o per evasione fiscale. Quello sì che è un danno sproporzionato, un autogol clamoroso, un atto di irresponsabilità e di irriverenza nei confronti dei cittadini.