“Emerge un quadro di precarietà e di incertezza per il futuro anche tra i lavoratori a tempo indeterminato. Il motto ‘lavorare di più per guadagnare di più’ si è rivelato una favola sbagliata innestatasi, tra altro, in una organizzazione del lavoro ferma al passato”. A dirlo è Mirko Rota della Fiom Cgil di Bergamo, in una conversazione con il Giorno, presentando i dati territoriali della ricerca commissionata dalla Fiom Cgil nazionale (curata da Eliana Como) sulle condizioni di lavoro e di vita dei metalmeccanici in Italia. L’inchiesta mette infatti in luce i bassi salari (1.200 euro in media, un terzo ne prende meno di 1.100), l’aumento della precarietà (anche per chi è a tempo indeterminato) e dei rischi per la salute, la monotonia e la parcellizzazione delle mansioni, i forti carichi di lavoro (il 40 per cento lavora più di 44 ore alla settimana), la discriminazione verso donne e migranti (solitamente inquadrati a livelli contrattuali più bassi). passato. Conclude Rota: “Chi pensava di migliorare il salario scambiandolo con la produttività viene smentito da questa ricerca, sul piano della giustizia e della stessa efficacia. Si pensava inoltre che il post fordismo avesse cancellato la realtà dello sfruttamento, ma così non è stato. La fatica che viene dal vecchio spesso si somma allo stress, alla tensione, all’insicurezza sociale prodotta dal nuovo”.