Aumentano le polemiche e le posizioni contrarie a #FertilityDay, la campagna nazionale per l'incentivo delle nascite avviata dal ministero della Salute nelle scorse settimane. Dopo la rivolta sui social network che ha costretto il ministro Beatrice Lorenzin a ritirare una serie di spot pubblicitari assai discutibili, è stata lanciata in rete una giornata di mobilitazione, dal titolo #FertlityFake. Molte città italiane hanno accolto l'invito a scendere oggi (22 settembre) in piazza per annunciare al governo la "lieta notizia": "Siamo in attesa", sì, ma di diritti, perché proprio alle generazioni che oggi sono invitate a procreare vengono sistematicamente negati", come recita lo slogan della mobilitazione.

"Siamo in attesa di un lavoro – recita l'appello lanciato da varie associazioni, tra cui Cgil, Arci, Act, Artemisia, Unione degli universitari, Rete degli studenti medi, Unite in rete, Libere tutte, Coordinamento contro la violenza di genere e il sessismo –, siamo in attesa di una casa, siamo in attesa di diritti per tutte/i durante il periodo di maternità e paternità, siamo in attesa di tutele quando il lavoro lo perdiamo o lo interrompiamo, siamo in attesa di asili nido, siamo in attesa di un sostegno per poter affrontare il difficile percorso della procreazione medicalmente assistita, siamo in attesa di di poter adottare figli senza difficoltà per tutte/i coloro che possono dare amore, siamo in attesa di consultori che funzionino, siamo in attesa di educazione alla sessualità, siamo in attesa di una società in cui le donne non devono essere necessariamente madri. Siamo in attesa di un governo che si prenda le proprie responsabilità e non colpevolizzi le persone".  

       

A Firenze l'appuntamento è in piazza dei Ciompi dalle 18,30 in poi: è previsto un flash mob con i partecipanti muniti di clessidra, a raccontare di cosa sono in attesa. Seguirà un'assemblea pubblica con i cittadini. La Cgil di Firenze sarà presente assieme alle altre sigle organizzatrici dell'evento. Anche a Perugia stasera è #FertilityFake: il flash mob si terrà in corso Vannucci (sotto palazzo dei Priori) dalle 18 contro la campagna "in stile Ventennio" della ministra Lorenzin, promosso dalla Cgil locale e da numerose associazioni del territorio, come Omphalos, Udu, Libera...mente donna, Rav, Arci, Rete degli studenti, Frg, Mga.

Sulla vicenda è intervenuta anche la Cgil nazionale. “Non è facile riuscire a scontentare tutti e offendere molti e molte, come succede con una certa frequenza alla ministra Lorenzin, tenace nell'assestare picconate alla libertà delle donne: prima con lo svuotamento della Legge 194 sull’interruzione volontaria di gravidanza, ora con l'offensiva campagna ‘Fertility Day’, a metà tra il nazionalismo e il sessismo.‎ Ma non bastava, e dopo la campagna demografica da Ventennio è stata la volta dell'opuscolo razzista che ha fatto scatenare il web". Così Loredana Taddei, responsabile Politiche di genere della confederazione.

"È chiaro che non si tratta di un problema di comunicazione, come Beatrice Lorenzin si è precipitata a definire i flop, costati fin qui 150.000 euro dei contribuenti. Il punto – sostiene la sindacalista – è che si esortano maldestramente i giovani alla genitorialità, ignorando totalmente le difficoltà economiche indotte dalla crisi, la mancanza di lavoro e di asili nido, la precarietà, il part time imposto, la disparità salariale che penalizza ulteriormente le donne del nostro Paese, in fondo alla classifica europea in tema di occupazione".‎

In questo modo "si offendono le donne, esortate a obblighi riproduttivi per 'amor di Patria'. A dover essere rivisto non è solo il lavoro dei pubblicitari, ma l'intero impianto del Piano nazionale per la fertilità, spaventosamente impreciso nell'analisi e inadeguato nel linguaggio. Nella prima pagina del Piano si parla di riscoprire il ‘prestigio della maternità’ e di ’recuperare il valore sociale della maternità’. Frasi prive di senso e scioccamente ideologiche, da anni 50, con cui ci si rivolge alla donna, spronandola a non far scadere il tempo biologico”.

“Dallo Stato – conclude la responsabile Politiche di genere Cgil – ci si aspetterebbe non una ‘rieducazione’ alla maternità non richiesta, ma l'incentivo e la promozione di politiche economiche e sociali per chi vuole avere un figlio ed è invece costretto a rimandare o a rinunciare per ragioni, appunto, economiche e sociali. I figli si fanno o non si fanno per scelte di vita e le donne hanno diritto di decidere se essere madri o meno, libertà che nel nostro Paese non è loro concessa, in entrambe le direzioni”.

Sulla stessa falsariga, la posizione della Funzione pubblica Cgil della Lombardia. "La campagna della ministra Lorenzin è sbagliata nel suo impianto ideologico, non solo nei suoi spot mediatici – afferma Florindo Oliverio, segretario generale della categoria –. Per questo, non basta rimuovere i dirigenti della comunicazione ministeriale, ma occorre contrastare la cultura oscurantista di chi, sui temi della famiglia prima e della fertilità adesso, attacca il principio dell’autodeterminazione delle donne e la libertà di uomini e donne di scegliere consapevolmente il proprio stile di vita. La fertilità non può essere considerata un bene comune. L’infertilità non è una patologia da stigmatizzare. Il progetto di vita di donne e uomini, coppie, famiglie e singoli, deve essere favorito dallo stato, non imposto".

"Per questo servono politiche pubbliche, di welfare e per il lavoro, utili a realizzare una migliore conciliazione tra vita e lavoro delle persone. Il calo delle nascite nel nostro Paese è causato da condizioni sociali, prima ancora e più che da cause mediche. L’incertezza del domani, la precarietà del lavoro, le difficoltà abitative, l’impossibilità di accedere a servizi di welfare (asili nido, consultori, ecc.), i bassi redditi, la mancanza di sostegni a madri e padri che lavorano, sono cause la cui responsabilità è tutta in capo ai governi, che hanno tagliato e tagliano risorse, e riducono, anziché ampliare, i servizi pubblici, universalistici e a basso costo per i cittadini", rileva il dirigente sindacale.