Lavoratori autonomi, pagati pochi euro l’ora a partita Iva o con ritenuta d’acconto, senza una posizione previdenziale presso l’Inps né assicurativa contro infortuni e malattie professionali. Sono i rider, i ciclo-fattorini divenuti simbolo delle distorsioni della gig economy. Lavoratori che vivono una situazione drammatica, più volte denunciata dalla Cgil e dalla Filt. E che oggi (venerdì 15 giugno) a Milano, dopo il primo sciopero nazionale del 25 maggio scorso, si ritrovano (sono 3 mila i rider del capoluogo lombardo) per una nuova giornata di mobilitazione, con un presidio davanti alla Prefettura.

L’obiettivo è ottenere una legge nazionale, anche sulla scorta della Carta dei diritti universali, che riconosca le tutele Inps e Inail, la maternità, i congedi parentali, alle persone che lavorano per le principali piattaforme del food delivery. “Ovviamente sappiamo che non tutti questi lavoratori sono ascrivibili alla categoria dei dipendenti” spiega Luca Stanzione, segretario generale Filt Cgil di Milano, ma “alla larga parte di loro devono essere riconosciuti i diritti alla contrattazione, all’applicazione del contratto nazionale del trasporto merci, alla formazione e alla sicurezza”.

Questioni che non si risolvono con la proposta, avanzata dal governo, di una legge sul salario minimo, a prescindere dalla contrattazione. “Se si procedesse in questa direzione – osserva Stanzione – si rischierebbe di dividere in due il mercato del lavoro e non si risolverebbero i problemi legati ai carichi di lavoro, all’algoritmo e alla sicurezza”. Inoltre, continua il segretario Filt, in questo modo “si toglierebbe a questa categoria di lavoratori il diritto alla rappresentanza sindacale, che rappresenta la vera sfida, per la quale c’è bisogno di un’azione unitaria di tutto il sindacalismo confederale”.

Un lavoratore fantasma, invisibile. Così Massimo Colognese, segretario generale della Filt Cgil Pavia, definisce il rider: “Un lavoratore con tanti doveri ma ben pochi diritti. E questi pochi, malgrado nel contratto nazionale merci, logistica e trasporti siamo riusciti a inserire questa figura, le aziende tendono pure a non rispettarli”. La consegna a domicilio, dopo aver conquistato le grande città italiane, adesso si sta affermando anche in provincia: a Pavia i ciclo-fattorini sono circa 50 e operano per cinque piattaforme diverse. Colognese segnala la difficoltà di organizzare questi lavoratori: “Lo stipendio è basso, le tutele quasi nulle, la paura di perdere il poco che si ha è troppo forte perché se la sentano di esporsi. Dobbiamo però alzare la voce, perché dietro a un clic comodo per noi sul computer ci possono essere lavoratori sfruttati”.

Con lo sciopero dello scorso mese e l'iniziativa di oggi (venerdì 15 giugno), la Filt chiede anzitutto l'immediata “convocazione di un tavolo di confronto al fine di concordare le forme migliori di contrattualizzazione dei lavoratori interessati”. Per il sindacato dei trasporti Cgil sono molte le questioni da affrontare, dalla “modalità di organizzazione del lavoro alle corrette retribuzioni, dalle giuste tutele per l'incolumità di chi quotidianamente opera sulle strade delle città alla corretta formazione per la sicurezza, dall’adeguato investimento sugli strumenti di lavoro alla necessaria tutela sanitaria e professionale”.