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Adesso servono i soldi. Il piano industriale c'è, e pure la firma ufficiale per l'acquisto dei nuovi impianti. Dall'incontro di giovedì scorso al Mise, a cui hanno partecipato tutti i vari organi e attori della vicenda, sindacati, regione, azienda e governo, è arrivata la conferma che ora il problema centrale è la liquidità, indispensabile per far marciare la macchina aziendale.
Aferpi, tramite l'amministratore Fausto Azzi, non si è nascosta, chiedendo con forza al governo di fare pressione sulle banche per risolvere una difficile situazione, che porta con sé il serio rischio di brusche fermate, già da quest'estate. Invece in questo momento il mercato consentirebbe il desiderato aumento di volumi produttivi: l'azienda ha nel pacchetto ordini contratti per la fornitura di circa 150 mila tonnellate di rotaie, 35 mila di vergella e 20 mila di barre. Servono un centinaio di milioni per garantire una migliore gestione dello stabilimento, in particolare per l’acquisto dei semiprodotti; punto sul quale, secondo il sindacato, si è registrato l’impegno del governo a garantire la liquidità necessaria, attraverso una società emanazione della Cassa depositi e prestiti. Mentre Azzi ha tenuto a precisare che finora Rebrab ha immesso nell’azienda 87 milioni di euro, tra ricapitalizzazione e anticipazioni di cassa.
Nelle ultime settimane, inoltre, alcuni lievi segnali positivi sono arrivati dal sistema bancario italiano, con Unicredit e Mps che hanno messo a disposizione dell'azienda 8 milioni di credito. I contatti con le banche continueranno ma è chiaro che l’azienda potrebbe trovarsi in forte difficoltà nel caso non arrivassero altre risposte positive. Lo stesso amministratore ha ribadito che sui progetti si va avanti e che i tempi restano quelli annunciati: 28 mesi per la partenza dell’acciaieria, col via alla costruzione prevista per settembre 2017, e quella delle opere civili per dicembre dello stesso anno.
Tempi che qualcuno, come l'ex responsabile dell'ufficio tecnico Lucchini, Leonardo Mezzacapo, pur esprimendo un giudizio positivo sul progetto, ha definito irrealistici, in particolare per quanto riguarda la previsione di tornare a produrre acciaio nel 2018. Aferpi conferma i piani e che, ottenuto il progetto in dettaglio da Sms, farà partire le gare, sostenendo che non mancheranno i soldi per gli investimenti: tutte le energie economiche verranno riversate su acciaieria elettrica e treno rotaie, così che di agroindustria si parlerà solo in un secondo momento.
Settore agro-alimentare che però resta un nodo importante, perché da esso dipende il riassorbimento di tutti gli ex lavoratori Lucchini. I sindacati vorrebbero che i 750 lavoratori ancora in forza all’amministrazione straordinaria passassero entro il 6 novembre in Aferpi con contratti di solidarietà, mentre l'azienda ha la necessità di ricorrere ancora una volta alla cassa integrazione. I rappresentanti del ministero del Lavoro, presenti alla riunione insieme a quelli dei Trasporti e Infrastrutture, avrebbero comunque aperto alla ricerca di soluzioni il meno traumatiche possibili per i lavoratori. Pur con critiche all'interno, provenienti da “Minoranza Sindacale”, secondo cui ancora una volta non è stata fatta chiarezza su tempi e finanziamenti, Fiom, Fim e Uilm escono dall'incontro positivi.
“Abbiamo fatto un altro passo in avanti - affermano i sindacati -, anche se non vanno nascoste le criticità. Il Mise si è impegnato a sostenere con tutti i mezzi il progetto e per noi il governo resta il garante degli accordi sulla ex Lucchini. La parola d’ordine è che nessuno dovrà perdere il lavoro alla fine del percorso, e per questo entro 60 giorni incontreremo azienda, Mise e ministero del Lavoro con l’obiettivo di un accordo nel quale si preveda che i ritardi della messa in opera del piano industriale dell’azienda siano colmati attraverso la copertura di tutti i lavoratori col contratto di solidarietà”.
Traguardo tutt'altro che semplice però: la solidarietà per tutti i 2180 lavoratori ex Lucchini si avrà con un accordo politico oppure con l'aumento produttivo. Proprio per questo i sindacati spingono col Governo per sostenere l'azienda nella ricerca della liquidità.