Si può sbagliare la scrittura di una legge e per questo costringere tutta una categoria di lavoratori che svolgono mansioni usuranti a dover andare in pensioni con nove anni in più rispetto a prima? E’ una delle storie emerse oggi (venerdì 6 ottobre) a margine dell’attivo unitario tenuto da Cgil, Cisl e Uil di Puglia a Bari sul confronto tra sindacati e governo per una equa riforma delle pensioni. La denuncia è del segretario generale della Filt delle province di Foggia e Bat, Ruggiero Dinoia: “E’ successo che nella scrittura della legge Fornero, invece di scrivere e richiamare un comma, è stato erroneamente riportata la dicitura articolo. Così il personale delle ferrovie – macchinisti, viaggiante, manovratori – che prima potevano accedere alla pensione a 58 anni, dato il lavoro gravoso e usurante, da allora devono attendere i 67 anni di età”.
Un assurdo riconosciuto e mai corretto: “Parliamo di lavoratori che svolgono turni lunghi, anche di dieci ore, viaggiano di nottesu treni veloci, sottoposti a stress continui aumentati con l’innalzamento del livello tecnologico dei treni e delle misure di sicurezza”. L’attesa reale di vita di un macchinista, lo dicono le statistiche, “è di 64 anni. Come si può chiedere a questi lavoratori di andare in pensione a 67? Va detto che non si applica la stessa norma ai macchinisti e conducenti di bus e autoferrotranvieri che confluiscono in un altro fondo e vanno in pensione cinque anni prima. Né si è posto un rimedio con la cosiddetta Ape sociale, che permette sì di uscire a 63 anni ma con una penalizzazione in termini economici altissima, cosa che non spinge nessun ferrovieri ad aderirvi”. Porre rimedio all’errore correggendo la legge? “Siamo un paese incredibile" conclude Dinoia: "La politica riconosce lo sbaglio, ma sostiene che oggi non vi sono le coperture finanziarie per porvi rimedio. Uno sbaglio che ha ricadute pesanti su migliaia di lavoratori”.