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“C'è il pericolo concreto che Ericsson voglia ritirarsi dall'Italia. La sensazione è forte, quando vedi che per vari motivi hanno dimezzato gli occupati nel nostro Paese e non intendono fermarsi. Certo, loro non lo ammetteranno mai, si vantano di avere i conti in ordine e promettono nuovi investimenti in ricerca e sviluppo. Però intanto tirano dritti con i licenziamenti. A quanto ci risulta, entro la fine del mese arriverà un'altra batosta”. Massimo Dalla Giovanna è l'ultimo rappresentante sindacale rimasto attivo nella sede genovese della multinazionale. Gli altri sono stati messi alla porta nel corso delle precedenti procedure, lui si è salvato soltanto perché nel suo reparto non ci sono stati esuberi strutturali.
Massimo lavora alla Ericsson dal 1990. All'epoca era tutta italiana e si chiamava ancora Marconi. “L'acquisizione – ricorda – ci fu nel 2006. Da allora hanno attivato ben 14 procedure di licenziamento collettivo. Ma se fino al 2014 si sono risolte con gli esodi volontari, oggi non è più così. Ultimamente ci hanno detto che entro giugno dell'anno prossimo vogliono far uscire altre 600 persone. Ecco, in un modo o nell'altro lo stanno facendo”. L'ultima trovata per seguire la strada dei tagli al personale è stata la recente creazione di una bad company chiamata Ericsson Services, partecipata al 100 per cento dalla casa madre, che appena nata ha dichiarato oltre 100 esuberi ed è uscita dal contratto nazionale delle telecomunicazioni, proprio come fece Marchionne qualche anno fa con la Fiat. “Oltretutto – prosegue il delegato Slc Cgil – chi è passato di là deve subire il taglio di tutti i trattamenti e la cancellazione degli accordi aziendali. Così non è una trattativa, è una presa in giro”.
Oggi il clima nella sede ligure è tesissimo, i lavoratori stremati dagli ultimi due anni di lotte e scioperi che hanno inasprito le relazioni sindacali. Basti pensare a come sono stati comunicati i licenziamenti nella tornata dell'anno scorso. “Al venerdì sera per via ufficiosa – racconta ancora Massimo – si seppe che erano partite centinaia di lettere tramite Pec, senza alcun preavviso. Ma la mattina dopo le caselle di posta erano già bloccate, per cui nessuno poté conoscere il proprio destino per tutto il fine settimana. L'unico modo per scoprilo fu il lunedì mattina tramite il badge. Ricordo le persone che venivano su atterrite e provavano a entrare. Chi era stato messo alla porta lo scoprì così, respinto dal cartellino che nel frattempo era stato cancellato”.
A confermare le intenzioni della multinazionale svedese, tutt'altro che tenere nei confronti dei lavoratori, ci sono altre due notizie: la perdita di alcune importanti commesse, in particolare la gestione delle nuove centraline di Wind-Tre; e quello che Massimo definisce l'ennesimo “sgarbo istituzionale”: la decisione, cioè, alla vigilia dell'incontro al ministero dello Sviluppo economico di martedì prossimo, di annunciare oltre 100 licenziamenti nella bad company. “È un atto di scortesia massima. Cosa costava aspettare qualche giorno? Purtroppo sembra l'ennesimo segnale per dire che il sentiero tracciato è questo, da parte della 'grande Ericsson' che tanto si fregia di essere equa. Forse in casa loro saranno più attenti, non lo so, ma qua in Italia ci trattano così”.