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Sono centinaia i dipendenti della Ericsson scesi in piazza oggi (martedì 5 luglio) a Genova. I manifestanti, dopo aver sfilato per le strade del ponente cittadino, hanno poi bloccato le uscite e gli accessi al casello autostradale di Genova Ovest. A motivare la protesta i 150 esuberi annunciati dalla multinazionale svedese nel capoluogo ligure: i sindacati, giunti già al settimo sciopero in poche settimane, chiedono all'azienda la riapertura di un confronto e il congelamento delle procedure di licenziamento, mentre dal governo si attendono la convocazione di un tavolo nazionale nella sede del ministero dello Sviluppo economico a Roma.
“La posizione dell'azienda che rifiuta il confronto anche con il governo sui temi del potenziamento di sviluppo e ricerca è inaccettabile e penalizza fortemente il territorio, sacrificando le sue risorse migliori” spiega un comunicato della Slc Cgil genovese: “È paradossale che una multinazionale presente sul nostro territorio, che dichiara di voler concentrarsi sul business derivante dagli investimenti del governo sulla banda ultralarga, si possa rifiutare di sedersi a un tavolo di confronto con il ministero dello Sviluppo economico. Questa situazione dimostra i disastri che può produrre la mancanza di una vera politica industriale in questo paese”.
La multinazionale, attiva nel campo di ricerca e sviluppo nelle telecomunicazioni e gestore delle reti mobili di H3G e Vodafone, prevede di tagliare entro pochi mesi circa 4 mila posti di lavoro in tutto il mondo (su 150 mila). In Italia, dove annovera 4 mila dipendenti, ha comunicato un piano di 332 esuberi (di cui, appunto, 150 a Genova), cui se ne sommano altri 53 entro il primo semestre del 2017, per un totale di 385 lavoratrici e lavoratori licenziati nei prossimi 12 mesi. “Ericsson – spiega una nota Filcams Cgil, Fisascat Cisl e Uiltucs Uil – aveva presentato il piano industriale e la necessità di adottare un nuovo modello organizzativo, visto lo scenario competitivo del settore delle telecomunicazioni, che vedono i soliti concetti di economia debole in Italia, mancanza di investimenti, scenari piatti di business, consolidamento degli operatori di telecomunicazioni, con il calo della redditività dei servizi offerti dall’azienda”.
Da qui la dichiarazione di apertura di una procedura di licenziamento collettivo che l'azienda ha formalizzato il 13 giugno scorso, nonostante la ferma richiesta dei sindacati a non procedere. “Una decisione unilaterale – conclude il comunicato – che evidenzia riflessioni molto preoccupanti sul futuro di questa multinazionale: quale modello di responsabilità sociale e di etica aziendale intende adottare l'impresa? le risorse umane sono ‘risorse’ o costi su cui intervenire in maniera lineare? Tali argomenti saranno sollevati, unitamente alla ricerca di ogni soluzione alternativa utile, nell'ambito del prossimo incontro in sede sindacale”.