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L’epicentro della crisi è Genova, ed è lì che oggi (giovedì 16 giugno) i dipendenti della Ericsson scendono in piazza. La multinazionale svedese ha comunicato nei giorni scorsi un piano di 332 esuberi per l’Italia (su 4 mila addetti complessivi), di cui la metà (147) nel capoluogo ligure. Subito è scattato lo stato di agitazione a livello nazionale: martedì 14 si è tenuto un presidio dei lavoratori davanti la sede del Consiglio regionale della Liguria, oggi lo sciopero e il corteo (che si unisce allo stop dei metalmeccanici Fim, Fiom e Uilm del ponente genovese per il rinnovo del contratto). Per mercoledì 22 giugno, intanto, è prevista l’apertura del tavolo di crisi al ministero dello Sviluppo economico (l’appuntamento è alle ore 15).
Ma oggi non c’è solo Genova, c’è anche Pisa. Stamani infatti si tiene un presidio di protesta anche dei dipendenti del Centro di ricerca, che da anni collabora con la Scuola superiore Sant'Anna e il Cnr. Gli esuberi dichiarati nello stabilimento toscano sono un quinto degli addetti complessivi, ossia 9 su 49 (più quattro ricercatori a termine): se a questi si aggiungono i 26 trasferimenti di lavoratori da Genova ordinati a gennaio, il risultato – spiegano i sindacati – è quello di svuotare il Centro di ricerca per poi chiuderlo entro pochi mesi.
La Ericsson, attiva nel campo di ricerca e sviluppo nelle telecomunicazioni e gestore delle reti mobili di H3G e Vodafone, prevede di tagliare entro pochi mesi circa 4 mila posti di lavoro in tutto il mondo (su 150 mila). In Italia ha annunciato 332 esuberi (di cui 30 dirigenti) per il 2016, cui se ne sommano altri 53 entro il primo semestre del 2017, per un totale di 385 lavoratrici e lavoratori licenziati nei prossimi 12 mesi. “Ericsson – spiega una nota Filcams Cgil, Fisascat Cisl e Uiltucs Uil – aveva presentato il piano industriale e la necessità di adottare un nuovo modello organizzativo, visto lo scenario competitivo del settore delle telecomunicazioni, che vedono i soliti concetti di economia debole in Italia, mancanza di investimenti, scenari piatti di business, consolidamento degli operatori di telecomunicazioni, con il calo della redditività dei servizi offerti dall’azienda”.
Da qui la dichiarazione di apertura di una procedura di licenziamento collettivo che l'azienda ha formalizzato il 13 giugno, nonostante la ferma richiesta dei sindacati a non procedere. “Una decisione unilaterale – conclude il comunicato – che evidenzia riflessioni molto preoccupanti sul futuro di questa multinazionale: quale modello di responsabilità sociale e di etica aziendale intende adottare l'impresa? le risorse umane sono ‘risorse’ o costi su cui intervenire in maniera lineare? Tali argomenti saranno sollevati, unitamente alla ricerca di ogni soluzione alternativa utile, nell'ambito del prossimo incontro in sede sindacale”.