“La Cgil è pronta a mettersi al servizio del Paese per concorrere a uscire dalla crisi. Nei momenti più difficili della nostra storia abbiamo sempre messo al primo posto l’interesse generale. Fa parte della nostra cultura e della nostra tradizione”. A dirlo è il segretario generale della Cgil Guglielmo Epifani, in un’intervista apparsa oggi su Repubblica, parlando dell’attuale crisi finanziaria internazionale: “Il governo deve cambiare metodo e strategia, deve abbandonare l’impostazione sbagliata di chiusura e di autosufficienza con la quale si muove. È necessario che si apra al confronto con il Parlamento e con le parti sociali. Non penso a una nuova forma di consociativismo. Ma in una fase di recessione così profonda si deve cambiare pagina, a cominciare dal metodo. Dopo di che spetta al governo decidere”.

All’esecutivo Epifani chiede di passare all’azione: “È stato giusto intervenire a tutela dei risparmi, ma non basta. Se è vero che rispetto agli altri Paesi abbiamo un vantaggio relativo visto che il nostro sistema bancario sembra avere una maggiore solidità, dall’altra parte la crisi avrà ricadute reali enormemente più pesanti su un organismo già debole come il nostro. La manovra finanziaria di luglio è sbagliata: deprime l’economia e non contiene alcuna misura anticiclica. Alla crisi in atto si combinano tagli alla domanda pubblica e tagli agli investimenti infrastrutturali. Serve un cambio di rotta”.

Per il leader della Cgil occorrerebbe “aprire a Palazzo Chigi due tavoli di confronto con le parti sociali e le autonomie locali: uno sulla politica dei redditi e l’inflazione, uno sulla crisi industriale e sulle politiche di investimento anticrisi”. Epifani, quindi, non è contrario a un intervento pubblico nell’economia, purché non si tratti di “nuovi carrozzoni che fanno quello che non serve, ma di nuovi soggetti pubblici con un ruolo attivo nella politica industriale. Lo Stato, che vuoi dire scuola, sanità, assistenza, non può limitarsi a essere una sorta di ammortizzatore sociale delle banche in difficoltà. Non si può affrontare la crisi solo in difesa, bisogna mettere in campo scelte di innovazione e di qualità. Penso a un’Agenzia leggera che possa svolgere questo compito di sostegno alle politiche industriali”.

La Cgil, in conclusione, si dice pronto a collaborare col governo. E fa un esempio: “Se il governo dovesse assumere come centrale la questione dei precari nel pubblico impiego, allora saremmo disponibili a una soluzione anche “ponte” per i contratti pubblici”. L’ultima battuta per la riforma del modello contrattuale: “In questa situazione portare alle estreme conseguenze le divisioni sindacali oppure arrivare alla rottura tra CgiI e Confindustria sarebbe una scelta da evitare. Mi permetto di dire che non converrebbe nemmeno alle imprese. Nel rispetto di tutte le posizioni, ritengo che l’asse delle priorità stia decisamente cambiando”.

Europa e Italia in recessione