Eluana Englaro morì a Udine il 9 febbraio 2009 in una stanza al primo piano della clinica La Quiete. Aveva 37 anni, 17 anni dei quali passati in stato vegetativo permanente. L’odissea inizia nel gennaio del 1992, quando la ragazza si schianta in auto contro un muro vicino a Lecco. Dopo 12 mesi arriva la certezza che non si sarebbe più svegliata. La diagnosi è impietosa: stato vegetativo permanente, ossia coma irreversibile. Nel 1996 parte la macchina legale per ottenere la sospensione della alimentazione alla ragazza; nel 1999 il tribunale di Lecco respinge la prima richiesta del padre Beppino e la Corte d'appello di Milano fa lo stesso con il ricorso. Nel 2003 e poi nel 2006 la richiesta viene ripresentata e respinta di nuovo.

Nell'aprile del 2005 anche la Cassazione dichiara inammissibile il ricorso. Due anni dopo, però, la Suprema Corte stabilisce che il processo deve essere ripetuto sottolineando che il sondino non può essere considerato accanimento terapeutico, ma che l'interruzione può avvenire in presenza di due condizioni, ossia che lo stato vegetativo del paziente sia ritenuto clinicamente irreversibile e che la paziente non avrebbe prestato il suo consenso alla continuazione del trattamento. È su questi due requisiti che si concentra la nuova sentenza dalla Corte d'Appello di Milano, che con un decreto del 9 luglio 2008 attribuisce a Beppino Englaro la facoltà di chiedere l'interruzione dell'alimentazione artificiale per Eluana.

Mentre il Parlamento si divide, nasce un conflitto di attribuzione contro la decisione della Cassazione, a favore della quale arriva anche una sentenza della Corte Costituzionale. Si oppone invece la Regione Lombardia, che dice no alla famiglia Englaro che chiede l'esecuzione della sentenza passata in giudicato. Interviene anche il governo: il 16 dicembre 2008 il ministro del Welfare Sacconi emana un atto di indirizzo che mette in guardia le strutture convenzionate dall’interrompere l'idratazione e l'alimentazione forzate. Così la casa di cura Città di Udine, anche se non fa parte del Ssn, rinuncia dopo avere dato la prima disponibilità.

Intanto un'altra clinica si offre sempre in Friuli a Udine, “La Quiete”. Il 3 febbraio 2009 alle 1.30 un'ambulanza con Eluana a bordo lascia la casa di cura di Lecco dove le suore l'hanno accudita per anni e arriva alle sei di mattina a Udine, dove viene iniziata l'applicazione del protocollo per la sospensione di idratazione e alimentazione forzate. Non essendo riuscito a ricorrere al decreto d'urgenza per bloccare la sospensione dell'alimentazione forzata, il governo tenta di approvare in tempi record un disegno di legge ad hoc 'salva Eluana'.

Il Senato è riunito, quando arriva l'annuncio della morte di Eluana, è il 9 febbraio 2009. Eluana si spegne alle 19.35 per arresto cardiocircolatorio dopo quattro giorni dalla sospensione del trattamento, tre dei quali di stop totale a idratazione e alimentazione. L'inchiesta per omicidio a carico del padre di Eluana e dei 15 medici dell'equipe della Quiete è stata archiviata l'11 gennaio 2010. Attualmente il ddl Calabrò sul testamento biologico è all'esame della Commissione affari sociali della Camera.