PHOTO
Si terrà oggi (martedì 6 dicembre) la presentazione del nuovo rapporto a cura dell'Osservatorio dell'economia e del lavoro in Emilia Romagna. La conferenza stampa convocata da Cgil e Ires Emilia Romagna si terrà alle ore 11 presso la sede sindacale di via Marconi 69. All’incontro con i giornalisti saranno presenti Vincenzo Colla (segretario generale Cgil Emilia Romagna) e Giuliano Guietti (presidente Ires Emilia Romagna). Quella che segue è una sintesi del rapporto
I pur moderati segnali di ripresa che si erano manifestati anche in Europa e in Italia nel corso del 2015 hanno ormai da alcuni mesi lasciato il campo a stime più pessimistiche, che riflettono un quadro internazionale ricco come non mai di incertezze nel campo economico e di instabilità in quello geopolitico. Ne escono rafforzate le chiavi interpretative che considerano quelle in corso alla stregua di modeste oscillazioni collocate dentro un quadro di prolungata e strutturale stagnazione, particolarmente accentuata nel continente europeo.
In questo contesto, l'Emilia Romagna mantiene su tutti i principali indicatori socio-economici una condizione migliore della media italiana. Il ruolo delle esportazioni continua a essere trainante, ma assistiamo anche a un apprezzabile recupero della domanda interna e in particolare degli investimenti, nonostante entrambi restino ancora molto lontani dai valori assoluti degli anni antecedenti la crisi. Tutto ciò si traduce in una crescita del Pil stimata per l'anno in corso (e anche per quello a venire) attorno all'1% e soprattutto in un significativo aumento del totale degli occupati.
Rimangono tuttavia numerose le criticità che caratterizzano questa moderata ripresa. In campo demografico si conferma il cambio di fase che già avevamo segnalato in nuce nel precedente rapporto: la popolazione non cresce più, resta stabile attorno ai valori del 2013, anche per l'affievolirsi dei flussi migratori che negli anni precedenti avevano compensato abbondantemente il calo della natalità. Il quadro non è tuttavia omogeneo, ma territorialmente differenziato in base a fattori quali la dimensione urbana, la vitalità economica, il livello di infrastrutturazione. Continua contemporaneamente a calare la quota di popolazione collocata nelle fasce d'età post-scolari, fenomeno che sembra alimentato anche da crescenti flussi migratori in uscita.
Tutto ciò determina un ulteriore aumento dell'età media e del tasso di dipendenza strutturale, due indicatori che sono destinati ad avere conseguenze molto rilevanti, e preoccupanti, sulla futura sostenibilità dell'assetto socio-economico della regione. In particolare l'aumento della quota degli anziani ultraottantenni, accompagnato dalla riduzione della popolazione in età lavorativa, è destinato a ridisegnare la mappa dei bisogni e delle problematiche socio-assistenziali.
Il mercato del lavoro riflette da un lato il trend moderatamente positivo dell'economia, registrando un aumento degli occupati, e dall'altro l'effetto “droga” prodotto dalla forte decontribuzione delle assunzioni a tempo indeterminato messa in campo nel corso del 2015, con un consistente aumento degli avviamenti avvenuti con questa tipologia contrattuale, a cui ha fatto seguito una prevedibile caduta e arretramento nel I semestre di quest'anno.
Se inoltre consideriamo altri elementi, come il proseguire di una crescita esponenziale nell'utilizzo dei voucher, il permanere di una grande difficoltà di accesso dei giovani nel mercato del lavoro e infine una crescente sostituibilità tra una parte di lavoro autonomo e una parte di lavoro dipendente in funzione di contingenti convenienze economico-organizzative, possiamo concludere che non sembrano sostanzialmente intaccate le principali debolezze strutturali del mercato del lavoro regionale.
Sembra inoltre riproporsi nelle ultime rilevazioni un fenomeno che sarà interessante monitorare nella sua evoluzione futura, cioè la tendenza dell'occupazione a concentrarsi maggiormente nei settori terziari, a scapito di quelli industriali, anche in una regione a forte vocazione manifatturiera come quella emiliana. Del resto, è ormai largamente aperta la discussione sugli effetti che una nuova ondata di investimenti in tecnologie digitali sta avendo e potrà avere sull'occupazione. In campo sociale, ferma restando la condizione nettamente più positiva dell'Emilia Romagna rispetto alle medie nazionali, non va sottovalutato il trend di progressivo peggioramento di pressoché tutti gli indicatori che caratterizza gli ultimi anni, come ben rappresentato in particolare dagli indicatori sintetici Bes (Benessere equo e sostenibile) recentemente messi a punto da Istat.
Questa edizione del rapporto Ires sull'economia e il lavoro in Emilia Romagna dedica infine un'attenzione in parte nuova a tre tematiche che rappresentano altrettanti punti di criticità nel complessivo assetto socio-economico della regione: innovazione, istruzione, territorio. Pur in un quadro ancora carente di indicatori adeguati e aggiornati in materia, appare indebolita la valutazione dell'Emilia Romagna rispetto alla sua vocazione all'innovazione: l'ultimo rapporto della Commissione europea la colloca infatti non più, com'era in precedenza, tra le regioni che vengono immediatamente dopo quelle considerate trainanti in questo campo, bensì tra i cosiddetti “innovatori moderati”.
Il sistema formativo emiliano romagnolo, da sempre giustamente considerato uno dei punti di eccellenza del sistema regionale, pur restando tale nel confronto le altre realtà italiane, rischia però soprattutto su un punto di marcare una distanza ormai molto ampia con il resto dell'Europa: si tratta dell'istruzione terziaria. È chiara la relazione da un lato con politiche nazionali di spesa sul sistema universitario penalizzanti e poco lungimiranti, dall'altro con una difficoltà di collocazione sul mercato del lavoro che rende i disoccupati decisamente più in crescita tra i laureati che nel resto della popolazione.
Infine, di fronte allo stress indotto dagli ormai evidenti cambiamenti climatici, appare sempre più chiara la straordinaria fragilità del territorio emiliano romagnolo, determinata da un lato dalle sue intrinseche caratteristiche geomorfologiche e dall'altro dall'intenso consumo delle risorse naturali e in particolare del suolo che ha caratterizzato soprattutto lo sviluppo degli scorsi decenni. Per questo oggi più che mai la messa in sicurezza del territorio rappresenta una priorità imprescindibile, dalla quale possono derivare importanti benefici anche per l'occupazione e l'economia regionale.
In conclusione, a dispetto di spostamenti a volte quasi impercettibili dei molti indicatori presi in esame, è evidente che siamo di fronte a una realtà regionale nella quale sono in corso imponenti e a volte anche molto rapidi processi di trasformazione, che riguardano il lavoro, le imprese, le tecnologie, i bisogni della popolazione, i beni e i servizi richiesti e prodotti. Insomma, stagnazione e cambiamento non solo convivono, ma rappresentano addirittura, nel loro insolito accoppiamento, il tratto dominante della fase che stiamo attraversando. Numerose sono in questo quadro le criticità rilevanti e meritevoli di costante attenzione. A ciascuna di esse corrisponde una sfida i cui esiti sono destinati a riflettersi sull'equità e sulla sostenibilità economica, sociale e ambientale del futuro della regione.