La dimensione occupazionale in Emilia-Romagna mostra una dinamica compatibile con un trend rallentato del sistema economico. A un tasso di crescita stimato del Pil pari a -0,4% nel 2014 e dello 0,8% nel 2015 (scenari economici di Prometeia) si accompagna una crescita occupazionale modesta, ma coerente, rispettivamente dello 0,4% (2014) e 0,3% (2015). Il dato di flusso mostra, al contrario, un dinamismo molto accentuato con fluttuazioni anomale – soprattutto l'anno scorso – non coerente con le performance economiche segnalate nello stesso periodo. La differenziata vivacità è implicita nella natura delle due rilevazioni e suggerisce una dinamica di fondo spesso trascurata: a stabilità occupazionale non corrisponde una staticità del mercato del lavoro e delle ricadute sociali sulle singole biografie di vita e di lavoro. Una dimensione occupazionale statica non coincide con l’assenza di istanze sociali cui il sindacato è chiamato a dare risposta.

Pur rapportandosi a unità di riferimento diverse, le due osservazioni di flusso (comunicazioni obbligatorie, Seco Network) e di stock (Istat) hanno una correlazione tale da aspettarsi una convergenza nel tempo delle linee interpretative: il 2015 ha visto la crescita di 68 mila posizioni nominalmente a tempo indeterminato a cui dovrebbe seguire una crescita occupazionale nel lavoro dipendente di pari portata. Le posizioni di lavoro incrementali nel 2015 compensano, in un solo anno, i saldi negativi nel lavoro dipendente registrati nella seconda fase recessiva, ovvero le posizioni di lavoro dipendente perse dal 2010 fino al 2014. Tuttavia al primo semestre 2016 rimangono ancora ancora 38 mila posizioni di lavoro da recuperare da giugno 2008.

Nel 2015 si è quindi verificato un salto nel lavoro dipendente indotto dalla decontribuzione prevista nella legge di stabilità 2015. Diversamente, il Jobs Act, e in particolare l’introduzione del contratto a tutele crescenti, non ha prodotto conseguenze di rilievo sull’occupazione se non quella di comportare un arretramento dei diritti individuali e di favorire pratiche ricattatorie: ne è prova la sostanziale stabilità delle assunzioni e trasformazioni a tempo indeterminato tra il primo bimestre 2015, senza Jobs Act, e il secondo bimestre, con Jobs Act vigente (relativamente al contratto a tutele crescenti).

La decontribuzione ha quindi “drogato” il mercato del lavoro – e questo voleva fare – in attesa di una crescita del sistema economico che però tarda ad arrivare. Dentro questa lettura, la caduta degli avviamenti a tempo indeterminato del 2016 (-44% tendenziale) non rappresenta una controtendenza rispetto allo choc esogeno del 2015,l bensì la prevedibile conseguenza tecnica di riassesto di un mercato del lavoro che tenta di riassorbire il balzo scomposto del 2015. Sembra quindi profilarsi un modello interpretativo di “cambiamento transitorio” che si pone come scenario intermedio tra un modello interpretativo di shift model (cambiamento di livello) e di additive outlier (isolato valore anomalo).

In altre parole, il risultato straordinario del 2015 non ha prodotto un salto di livello della performance del mercato del lavoro regionale, in quanto il 2016 segna già dinamiche di segno opposto, e non rappresenta un isolato valore anomalo, in quanto i saldi da lavoro dipendente continuano a impattare positivamente sui saldi annuali mobili (ovvero dati dalla somma mobile degli ultimi due semestri. Si tratta di un riassestamento progressivo con il vantaggio di partire da una situazione iniziale favorevole, ovvero di iniziare da un saldo positivo di oltre 40 mila posizioni di lavoro dipendente. A oggi non è dato sapere quanto durerà l’effetto. È però intuibile come il decalage dello sgravio contributivo abbia perso il suo effetto di stimolo alla stabilizzazione e abbia assunto, invece, una connotazione esclusivamente premiale per chi assume. Una che dinamica suggerisce come un intervento strutturale sul costo del lavoro, e quindi sul cuneo fiscale, consentirebbero una maggiore capacità di trattenere nel tempo il salto di posizioni di lavoro del 2015.


Fonte: elaborazioni Ires Emilia-Romagna su dati SeCo e dati Siler

Ma non c’è il solo lavoro dipendente. Nello stesso periodo si assiste infatti alla crescita esponenziale dell’utilizzo dei voucher – ribaltando la logica del lavoro accessorio come modalità di emersione – e a dinamiche delle partite Iva di compensazione rispetto alle fasi di espansione e contrazione del lavoro dipendente. La straordinaria crescita del lavoro dipendente nel 2015 sembra dunque avere prodotto un mercato del lavoro più diseguale contrapponendo dinamiche contrastanti nel lavoro dipendente e nel lavoro autonomo senza sanare le fragilità del mercato del lavoro regionale. In particolare:

  • lavoro dipendente e lavoro autonomo diventano forme sempre più interscambiabili come soluzioni organizzative e come spazi rivendicativi di rapporti di forza. Nel 2015 le partite Iva aperte in Emilia-Romagna sono oltre 35 mila, ovvero il 10,6% in meno di quelle aperte nel 2014. Si osserva come la contrazione sia massima in alcune aree del terziario avanzato e all’inizio e alla fine dell’anno, ovvero dove è massima la crescita delle posizioni di lavoro a tempo indeterminato, vecchio e nuovo ordinamento. È quindi ipotizzabile come il vantaggio fiscale possa aver spinto a preferire una forma contrattuale a un’altra. Il venir meno della decontribuzione fiscale a partire del 2016 ha coinciso con una ripresa delle aperture di partite Iva: i dati relativi al primo trimestre del 2016 segnalano infatti una ripresa tendenziale consistente;

  • la questione giovanile del mercato del lavoro continua a essere particolarmente grave e ormai strutturale a cui neanche la spinta indotta dalla decontribuzione sembra aver dato una risposta di rilievo: pur se in diminuzione, il tasso di disoccupazione 18-29 anni continua a galleggiare nel 2015 sopra il 29%. Il 2015 ha visto crescere soprattutto la fascia dei lavoratori adulti mentre la performance del mercato del lavoro per i lavoratori giovani (under 29) ha solo dimezzato la perdita di posizioni di lavoro rilevato nel 2014;

  • alla questione giovanile è strettamente correlato l’asimmetrica ascesa del lavoro accessorio, e quindi del lavoro pagato a voucher. Nel corso del 2015 sono stati coinvolti dal lavoro accessorio un numero pari a 161.777 lavoratori, per una media annua di 36.147 e per un totale di voucher riscossi di quasi 11,8 milioni (+44,1% sul 2014). Le ultime rilevazioni contenute nell’osservatorio sul Precariato Inps sul periodo gennaio-agosto 2016 mostrano un ulteriore aumento dei voucher di 10 euro venduti in Emilia-Romagna di circa 3 milioni sul 2015 (+34,7%) portando alla cifra di quasi 12 milioni nei primi 8 mesi del 2016. Una ripartizione per età mostra chiaramente come tra il 2008 ed il 2015 si sia prodotta una trasformazione di rilievo che ha visto aumentare di circa 30 punti percentuali i giovani sotto i 29 anni e ridurre gli over 60 dal 76,6% al 10,2%. Il dato in sé evidenzia una alterazione della finalità originaria del voucher di lavoro e individua la tipologia più penalizzata e intrappolata in modalità di lavoro fragili e precarie, ovvero i più giovani: il peso dei percettori di voucher under 29 è più di due volte l’incidenza della stessa fascia di età tra gli occupati (Istat);

  • la crescita del terziario (3 su 4 posizioni di lavoro incrementali nel 2015 sono nel terziario) non impone solo il ridisegno strategico di un sistema economico, come quello regionale, a spiccata specializzazione industriale, ma produce anche un impatto sulla produttività e sulla quantità di lavoro: è assai probabile che molte delle nuove posizioni di lavoro siano a part-time, specialmente femminile, con evidenti implicazioni retributive e organizzative;

  • continua a evidenziarsi una segmentazione professionale e settoriale per i lavoratori stranieri: oltre il 90% delle posizioni di lavoro high skill riguardano lavoratori/lavoratrici italiani mentre quelli stranieri sono preponderanti tra gli artigiani e operai specializzati (oltre il 70%) e per le professioni non qualificate (circa il 50%).

Davide Dazzi è ricercatore dell’Ires Emilia-Romagna