Aspettiamo la prova dei fatti
Mentre il leader del Popolo della Libertà è alle prese con la formazione del nuovo governo e il Pd (e ancor più la sinistra) s’interrogano sui motivi della sconfitta, Rassegna incontra il segretario generale della Cgil per ragionare sull’andamento delle elezioni e sulle prospettive del nuovo esecutivo. E partiamo da una constatazione: Berlusconi questa volta, nonostante i sondaggi della vigilia, si trova in una situazione migliore anche del 2001. “Non c’è dubbio – concorda Epifani -. Sia perché la maggioranza è molto forte nei numeri, sia alla camera, sia al Senato (contrariamente a quanto si credeva prima delle elezioni). Sia perché, pur non coeso su tutto, il Popolo della libertà è più unito di quanto non fosse la Casa delle libertà, che aveva al suo interno anche l’Udc. Siamo quindi in presenza di un messaggio elettorale inequivoco, chiaro, che va rispettato come va sempre rispettato il voto democratico e che è indicativo di un orientamento fortemente maggioritario che consegna al centrodestra la guida del paese per i prossimi anni. Naturalmente è possibile che, cammin facendo, si apra qualche contraddizione all’interno della maggioranza, tra la Lega e altre forze presenti nel centrodestra, ma a oggi non è presumibile immaginare che questo possa determinare problemi insolubili e quindi bisogna ragionare come se avessimo di fronte un governo in grado di durare per tutta la legislatura.
Rassegna Nell’analisi del voto ci si è concentrati sul voto operaio, sul voto operaio alla Lega, ma in realtà il partito più votato dagli operai è il Pdl…
Epifani Nelle letture del dopo voto, soprattutto quelle sulla sua composizione sociale, ci sono state come sempre analisi giuste ma anche analisi trite e ritrite, fondate sull’assenza di qualsiasi memoria. Da quando è finita la grande appartenenza ideologica ai partiti della prima repubblica, anche il voto operaio, come il voto degli iscritti alla Cgil o alla Cisl o alla Uil è diventato molto più mobile. Un voto che si esprime sulla base di giudizi di soddisfazione o di insoddisfazione per le scelte fatte dal governo precedente, per quello che si ritiene meglio per la propria condizione o per i propri interessi, con un forte radicamento popolare e territoriale. Così è avvenuto che negli anni 90, soprattutto nelle aree forti del Nord il voto si sia riversato verso la Lega, che successivamente sia ritornato verso le formazioni di centrosinistra e che questa volta si sia di nuovo diviso: una parte consistente verso la Lega, una parte verso il Popolo della libertà, e una parte, soprattutto nelle grandi città, verso il partito democratico. Ma la valutazione più scomposta è stata quella di attribuire alla dinamica del voto operaio una conseguenza diretta per quanto riguarda il sindacato e l’appartenenza al sindacato. Come se non si sapesse distinguere tra l’adesione al sindacato, che risponde a tante motivazioni, e un orientamento di voto. Cosa che vale per il sindacato come per qualsiasi altra grande rappresentanza d’interessi. Quando Montezemolo mette insieme l’appartenenza al sindacato, il voto operaio e gli interessi dell’impresa fa una grande confusione. Come se io imputassi il fatto che molti imprenditori votano diversamente dal centrodestra a una scarsa rappresentatività di Confindustria. Non mi permetterei non solo di dirlo ma nemmeno di pensarlo. Non capisco perché Montezemolo faccia il contrario.
Rassegna Ma per il sindacato è un problema o no questo voto operaio?
Epifani Certo. Ma non è cosa di oggi. Da tempo c’è una riflessione su questo. Siamo stati i primi ad analizzare i flussi di voto. Il voto dei dipendenti pubblici da tempo è orientato verso il centrosinistra. Quello dei pensionati è stato di volta in volta orientato sull’uno o sull’altro schieramento. Così è stato per quello operaio, che ha avuto le medesime oscillazioni. Anche questa volta analizzeremo con grande attenzione quello che è successo. Ma se ci limita al Nord si tratta comunque di analisi parziali, limitate solo a un campione. Che cos’è avvenuto nelle regioni del Centro? E nel Mezzogiorno? Qui com’è andato il voto dei lavoratori? Nessuno o quasi si è cimentato su questa lettura. Per quanto ci riguarda, il problema cui accennavi nella domanda nasce dal fatto che il governo di centrodestra ha programmi con orientamenti che spesso sono discordanti con quello che pensa la Cgil. Dentro la Cgil dovremo riflettere sul perché di un voto come questo rispetto a un’appartenenza sindacale che si mantiene invece salda e anzi cresce proprio tra i lavoratori attivi, tra i giovani, tra le donne. C’è una contraddizione che ci interroga nel profondo.
Rassegna Veniamo al governo. Berlusconi ha fatto promesse pesanti (Ici, bollo auto) ma ha parlato anche di misure impopolari. Gira voce di una manovra aggiuntiva dovuta al calo del pil rispetto alle previsioni su cui era stata costruita la Finanziaria. Come andrà a finire?
Epifani C’è una contraddizione evidente. Il programma elettorale del centrodestra è stato, dal punto di vista degli impegni presi, largamente oltremisura. È stato calcolato dall’ufficio studi di Bancaintesa nell’ordine dei 30-40 miliardi. Nell’ultima fase della campagna elettorale Berlusconi ha detto invece che bisognerà prendere misure impopolari visto il peggioramento dell’economia. Come spiegare questo cambiamento? Credo con il fatto che ci si deve essere accorti che, a furia di fare promesse, alla fine qualcuno avrebbe chiesto il conto delle promesse non realizzate. Nella stesura dei programmi, né Berlusconi, né (a dire il vero) il partito democratico, avevano posto sufficiente attenzione al peggioramento della congiuntura internazionale, che in parte deriva dalla crisi dei mutui subprime ma è anche dentro questa fase nuova dei processi di globalizzazione. Adesso si tratta di vedere come il governo terrà fede alle promesse fatte. Io spero che comunque non faccia l’errore della volta precedente, cioè quello di riaprire e riallargare il deficit: questo vorrebbe dire rimettere il paese sotto la scure di Bruxelles e, in una fase di rallentamento dell’economia, determinare nuove tensioni sull’Italia. Bisogna dunque scegliere le priorità giuste. Questo chiediamo: il governo scelga. Per noi la priorità è la restituzione fiscale ai lavoratori dipendenti e ai pensionati che sono,per l’aumento dei prezzi e la difficoltà a tener dietro al costo della vita, quelli in condizioni peggiori.
Rassegna Anche sull’atteggiamento da tenere nei confronti dei sindacati il governo sembra, almeno a stare alle prime dichiarazioni, avere un atteggiamento più morbido. Che ne pensi?
Epifani Questo atteggiamento va verificato alla prova dei fatti. Non sempre si fanno le cose che si pensa di fare. Non sempre si può dissimulare. Né tutte le ciambelle riescono con il buco. Mi pare di cogliere in una parte del centrodestra una maggiore attenzione, la volontà di evitare lo scontro, di rimettere nelle mani delle parti la responsabilità di alcune scelte. Il tempo dirà se a queste intenzioni corrisponderanno fatti concreti. Questo da un lato fa piacere: lo scontro per lo scontro non ha senso. Dall’altro non vorrei che così il governo, decidendo alcune cose e altre lasciandole alla decisione delle parti, finisse per scaricarsi da sue precise responsabilità: se ad esempio si fanno scelte fiscali sul secondo livello che vanno in direzione opposta a quella che sarebbe necessaria, si rende più difficile tutta la trattativa sul modello contrattuale. La cosa migliore è dunque che il governo offra il quadro di coerenza delle proprie politiche. Spero che sulla lotta alla precarietà sui diritti dei lavoratori il governo non faccia gli errori che ha fatto nel passato, né marcia indietro rispetto alle politiche di avanzamento che sono state possibili in questi mesi. Il tempo dirà se sarà così.
Rassegna Un’ultima domanda. A che punto siamo della discussione tra i sindacati su contrattazione e rappresentanza?
Epifani Ci si sta confrontando sulla parte relativa a democrazia e rappresentanza, che è un passaggio cruciale. E c’è ancora da limare qualche aspetto, per chiarirlo meglio, della parte sulla contrattazione. È un lavoro in corso.