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Esce in questi giorni “Il comico della politica - Nichilismo e aziendalismo nella comunicazione di Silvio Berlusconi” di Michele Prospero, edito da Ediesse. Lo riferisce una nota della casa editrice. L'autore insegna Scienza politica e Filosofia del diritto nella Facoltà di Scienze della comunicazione all'università La Sapienza di Roma.
Nella comunicazione politica di Berlusconi - si legge nella presentazione del volume - ha assunto una funzione sempre più prevalente il momento retorico del comico. Non solo figure, situazioni, immagini e argomenti comici entrano a far parte del suo discorso politico, così spesso sui generis sul piano dei contenuti, dello stile, della recitatio. Ma, quando parla in pubblico, assorbe egli stesso, nella sua actio, movenze comiche e atteggiamenti attoriali che sembrano annullare irreparabilmente la specificità della comunicazione politica. Scherza, gesticola, imita, corre per strada inseguito dalle telecamere e rivolge una raffica di domande retoriche alla folla ricevendo sempre le risposte prefissate secondo un copione.
Campione del populismo aggressivo, Berlusconi porta alle estreme conseguenze la contaminazione dei codici espressivi (istituzionale ed elettorale anzitutto) e tramuta anche l’intervento in Parlamento in un’occasione di comunicazione politica sui generis rivolta a un uditorio indistinto sollecitato a disprezzare la forma. Il discorso politico perde la sua differenza tecnica di momento di organizzazione di eleganti significati verbali atti a persuadere e si tramuta in scialbo intrattenimento di spettatori distratti.
Svuotata di ogni senso la politica ridotta a chiacchiericcio del tutto irriflessivo, per il ritrovamento dei significati pubblici bisogna rivolgersi altrove, al mondo dell’azienda, del denaro, degli interessi particolari. Il nichilismo del comico, che sbeffeggia la rappresentanza politica tradizionale, evoca l’aziendalismo di un imprenditore che si propone agli elettori come il supremo decisore monocratico infastidito dagli stanchi riti della separazione dei poteri. Nessuno infatti vota a lungo per un leader solo perché è capace di suscitare grandi risate con un linguaggio indeterminato e assunti vaghi. Emerge allora l’altra componente della strategia retorica delineata da Berlusconi: la costruzione dell’immagine di sé come uomo eccezionale, rapido, decisionista e, soprattutto, mai indifferente agli interessi della sua base sociale. L’apparenza del fare, la simulazione di scadenze rispettate con miracolosa tempestività, sostituiscono il tempo del governo reale.
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